di Marzio Di Mezza
ildenaro.it, 29 novembre 2024
Quando Foucault, negli anni 70, mise in crisi il concetto, comunemente accettato, del carcere come una forma rilevante di punizione, appoggiò e sostenne in un certo senso un rovesciamento del modo di intendere e qualificare il lavoro carcerario. Di lì a poco si affermò la nuova disciplina che svestì il lavoro del suo carattere sanzionatorio, facendolo divenire l’elemento cardine del trattamento rieducativo. Nonostante il tempo trascorso e i numerosi provvedimenti legislativi tesi a considerare il lavoro in carcere non più̀ come fattore di sofferenza ulteriore ai fini dell’espiazione della pena, bensì strumento finalizzato al reinserimento sociale del condannato, i numeri, quelli dei detenuti coinvolti in progetti rieducativi, suggeriscono che bisogna continuare a spingere e ad impegnarsi, istituzioni e soggetti privati, su questo fronte.
Ecco perché è stato particolarmente significativo l’incontro sul tema “Dialogo con gli imprenditori - azioni per il reinserimento socio lavorativo delle persone detenute”, organizzato da Provveditorato regionale dell’Amministrazione Penitenziaria della Campania e Consorzio Asi Caserta, che si è svolto presso la sede di Original Birth a Pignataro Maggiore.
Pignetti: Più lavoro vuol dire meno criminalità. Un progetto pilota - “Più lavoro per chi è in carcere vuol dire anche meno criminalità, perché chi ha un impiego difficilmente torna a delinquere”, ha esordito il presidente del Consorzio Asi Caserta Raffaela Pignetti. “Abbiamo creduto fortemente in questo quando quattro anni fa abbiamo avviato il progetto di reinclusione sociale e lavorativa dal titolo Mi riscatto per il futuro - ha proseguito Pignetti - oggi abbiamo inteso promuovere tra le attività produttive il messaggio che aumentare le opportunità di formazione e di lavoro in favore della popolazione reclusa consente di far spendere le competenze acquisite una volta scontata la pena. Intendiamo avvicinare mondi che sembrano distanti ma che possiamo unire nel segno della fiducia e della speranza”.
Di recente il Consorzio Asi di Caserta ha preso parte a un importante e innovativo progetto pilota relativo ad attività operative legate formazione dei detenuti, previste dal protocollo d’intesa siglato, oltre che da Asi Caserta, dal Dipartimento per la trasformazione digitale, il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP) del Ministero della Giustizia, Infratel Italia, ANIE SIT e gli operatori Tlc Fastweb, Fibercop, Intred, Inwit, Open Fiber, Telecom Italia, Vodafone Italia, interessati all’attuazione dei Piani previsti nell’ambito dell’Investimento 3 “Reti ultraveloci e 5G” della Missione 1, Componente 2 del PNRR, per favorire il reinserimento dei detenuti nel mondo del lavoro e nella società civile.
Giulia Russo, direttore del carcere: Formazione a Secondigliano, non solo pizze - “In carcere non si insegna solo a impastare e infornare pizze - ha chiarito Giulia Russo, direttore della Casa circondariale di Secondigliano -. Abbiamo avviato da tempo progetti qualificanti, di studio e di formazione, anche attraverso protocolli con Università e Asl” e cita, tra gli altri, il corso di formazione in Erboristeria, lo Sportello per la formazione in Scienze dei Servizi Giuridici, il Polo Arti e Mestieri, l’Officina Meccatronica Regionale.
Samuele Ciambriello, Garante regionale dei diritti delle persone private della libertà, snocciola numeri che caratterizzano le dimensioni del lavoro in carcere. “Su circa 61mila detenuti presenti negli istituti penitenziari in Italia, il 33% dei detenuti risulta coinvolto in attività lavorative, ma solamente l’1% di essi è impiegato presso imprese private e il 4% presso cooperative sociali. La stragrande maggioranza, pari all’85%, lavora alle dipendenze dell’Amministrazione Penitenziaria”.
Ciambriello: Pregiudizi duri a morire - Il perché, ha precisato Ciambriello, è da ricercare in un pregiudizio che ancora esiste. “Eppure per molti detenuti non si tratta di una seconda chance ma della prima - ha rimarcato -, e i tanti meritevoli progetti attivati nelle case circondariali in Campania dovrebbero spingere altri imprenditori a aderire e sostenere questo tipo di attività”. Anche perché, lo spiegherà bene il Provveditore dell’amministrazione penitenziaria della Campania Lucia Castellano, il lavoro penitenziario si tramuta in un’importante possibilità per le imprese.
Castellano: Incentivi per le imprese e le cooperative - Il Provveditore, citando la Legge Smuraglia, ha ribadito che: “La normativa penitenziaria offre a imprese e cooperative incentivi alle assunzioni e alla formazione attraverso la defiscalizzazione degli oneri e sgravi contributivi. Le strutture lavorative interne ai nostri istituti sono altamente competitive e per questo possono essere messi a disposizione gli spazi per il comodato d’uso e i prodotti per le commesse esterne. Oggi - ha concluso - intendiamo fare un appello ad aprire le porte dell’impresa vera al detenuto che sta scontando la pena perché questo ci dà la possibilità di formare mano d’opera responsabile, di abbattere la recidiva e fare una operazione di sicurezza sociale”.
Arzillo: Tema particolarmente sentito dal presidente del Cnel Renato Brunetta - Infine, tirando le somme dell’incontro, Antonio Arzillo, del Segretariato Permanente per l’inclusione economica, sociale e lavorativa delle persone private della libertà personale del Cnel, ha ripercorso alcune tappe del percorso intrapreso da Dap e Cnel fino alla stesura del disegno di legge del Cnel sul reinserimento socio-lavorativo dei detenuti e la costituzione del Segretariato permanente per l’inclusione economica, sociale e lavorativa delle persone private della libertà personale.
“Questo tema è particolarmente sentito dal presidente del Cnel Renato Brunetta - ha detto Arzillo -, il quale più volte ha evidenziato che il collegamento tra disoccupazione e recidiva, ormai accertato, conferma come l’occupazione sostenuta sia correlata a una ridotta recidività”. Era stato proprio Brunetta, qualche settimana fa, a intervenire nel dibattito aperto sul sovraffollamento delle carceri e sui piani di reinserimento: “L’intervento del mondo dell’impresa - aveva affermato - risulterebbe, quindi, prezioso per garantire il matching tra formazione erogata ai detenuti e skill professionali richieste ai fini occupazionali, assicurando un inserimento diretto del detenuto nel mondo del lavoro in seguito al rilascio”.
Prodotti “Fatti a Manetta” - A margine dei lavori sono stati presentati i prodotti realizzati nelle carceri campane che possono avvalersi del marchio regionale “Fatti a Manetta”: manufatti delle lavorazioni interne (falegnameria, sartoria, prodotti ortofrutticoli, conserve, prodotti da forno, miele, vino, prodotti di tipografia) provenienti dagli istituti penitenziari di Sant’Angelo dei Lombardi (Av), Carinola (Ce), Secondigliano (Na), Aversa (Ce).