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di Paolo Frosina e Antonella Mascali

Il Fatto Quotidiano, 14 ottobre 2023

In quattro magistrati dicono: “C’è un clima di intimidazione, preoccupante soprattutto per i più giovani”. Gli attacchi politici alla giudice di Catania, Iolanda Apostolico, con tanto di video pubblicato da Matteo Salvini che ritrae la magistrata, nel 2018, a una manifestazione a favore dello sbarco dei migranti bloccati al porto, fanno pensare alle conseguenze possibili sui magistrati che devono prendere decisioni tutti i giorni.

Apostolico non ha ceduto alle pressioni, ma c’è il rischio per altri magistrati? Secondo Gaetano Paci, procuratore di Reggio Emilia, ex pm antimafia a Palermo ed ex procuratore aggiunto a Reggio Calabria, il rischio c’è: “Dall’attuale maggioranza emerge una insofferenza crescente verso l’esercizio indipendente della giurisdizione, in linea con quanto sta accadendo in Polonia e in Ungheria. I segnali sono tanti e antecedenti al caso Apostolico, il più eclatante, inaccettabile, vergognoso perché si utilizza il dileggio e la gogna mediatica a seguito di un provvedimento sgradito. Sono metodi che non dovrebbero appartenere a chi ha un ruolo istituzionale.

Questo clima favorisce un orientamento difensivo della magistratura, può indurre i giovani magistrati a un atteggiamento autoconservativo, autoreferenziale. Possono cercare non il risultato migliore possibile per la giustizia, nel rispetto delle norme, ma un risultato orientato a salvaguardare solo la loro posizione. L’indipendenza non è privilegio ma è precondizione perché si possa attuare il principio che la legge è uguale per tutti, un caposaldo dello stato di diritto e in definitiva della democrazia”.

Per Eugenio Albamonte, pm a Roma, segretario di Area, la corrente progressista, c’è stata intimidazione: “Le dichiarazioni dei vertici istituzionali, i dossieraggi da parte di testate vicine al governo, i video vecchi di anni e di provenienza non chiara: tutto è servito per intimidire la persona e delegittimare la sua decisione. Non c’era mai stata un’offensiva così grave e insidiosa, nemmeno ai tempi di Berlusconi e dei famosi calzini azzurri del giudice del lodo Mondadori (Raimondo Mesiano, ndr). Lo scopo è chiaro: evitare che in futuro si possano prendere decisioni simili”.

Secondo Andrea Reale, giudice del tribunale di Ragusa, tra i fondatori del gruppo Articolo 101 “il linciaggio mediatico di un magistrato sul piano personale a seguito di un suo provvedimento diventa sempre un attacco estremo e vigliacco all’esercizio indipendente della giurisdizione. Queste pressioni indebite sul giudice sono altresì capaci di poter condizionare l’operato anche in futuro di diversi magistrati che potrebbero essere indotti ad applicare più che le regole del diritto quelle dell’opportunità e della convenienza politica per non avere ostacoli nel loro percorso professionale”.

Per Francesco Pinto, procuratore aggiunto di Genova, “invece di parlare del merito dei provvedimenti si parla delle caratteristiche della giudice per attaccarla sul piano personale, segno che gli argomenti di diritto sono molto poveri. Il clima è preoccupante, soprattutto per chi si appresta a entrare in magistratura”. In merito alle critiche di Nordio alla giudice, per la presenza a una manifestazione, ricorda che il ministro quando era pm “nel 2003 partecipò a una cena riservata con Cesare Previti, allora imputato e poi condannato per corruzione giudiziaria. Credo che questo sia molto più dannoso per l’immagine di imparzialità dell’ordine giudiziario rispetto alla partecipazione a un presidio pro-migranti”.