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di Francesco Grignetti

La Stampa, 1 marzo 2023

Ridimensionato l’allarme lanciato dal governo nelle ultime settimane, ma resta l’attenzione per il fenomeno insurrezionalista a livello nazionale. C’era una volta l’allerta rosso per il pericolo degli anarco-insurrezionalisti. A sentire chi guida i nostri servizi segreti, però, questo allarme va ricondotto alla giusta misura. Che dire dei legami tra anarchici e mafiosi, ad esempio? “Non c’è alcun elemento che confermi questo”, dice con tono particolarmente asciutto il prefetto Mario Parente, l’uomo che da otto anni dirige l’Agenzia per la sicurezza interna, e prima è stato per anni alla guida del Ros dei carabinieri.

Eppure sulla saldatura tra anarchici e criminalità, visti i contatti tra Cospito e tre mafiosi che condividevano con lui l’ora d’aria nel carcere di Sassari, sono scorsi fiumi di inchiostro. Era l’assunto di base per l’attacco furibondo al Pd condotto da Giovanni Donzelli, coordinatore nazionale di Fratelli d’Italia e vicepresidente del Copasir. Se però si chiede l’opinione di Mario Parente, quello liquida così questo rischio: “È da ritenere potenzialmente improbabile”. Amen.

Va detto che Parente non è mai stato tenero con gli anarco-insurrezionalisti. Li ha sempre considerati un pericolo serio, già quando se ne occupava al Ros vent’anni fa. Anche ieri, parlandone alla conferenza stampa annuale per illustrare la Relazione dei servizi segreti sulla sicurezza, ha ricordato che “noi non abbiamo mai cessato di occuparcene”. Sottinteso: anche quando non andavano di moda.

Con Cospito al 41bis, però, e il suo devastante sciopero della fame, il tema ha conquistato le prime pagine dei giornali. Da quel momento è tutto un allarme. Non è passato giorno, nell’ultimo mese, che qualche ministro non abbia messo in guardia dal pericolo degli anarco-insurrezionalisti. L’acme dell’allarme c’è stato il 30 gennaio scorso, quando il consiglio dei ministri si riunì d’urgenza per esaminare il caso Cospito e al termine venne un comunicato stentoreo di palazzo Chigi. “Lo Stato non si fa intimidire da chi pensa di minacciare i suoi funzionari”, furono le parole di Giorgia Meloni.

Ecco, ieri, a domanda precisa se ci siano segnali che gli anarchisti vogliano alzare il tiro e seguire l’esempio di Cospito - che finora è stato l’unico a teorizzare e eseguire un attentato diretto alla persona, gambizzando a Genova un manager di Ansaldo nel 2012 - il direttore Parente è stato onesto fino in fondo: “Allo stato delle cose, non abbiamo evidenze. Il monitoraggio è in corso. Allo stato non ci sono elementi in questo senso; il che non può essere una risposta valida per l’immediato futuro”.

Questo il suo ragionamento sulla galassia anarchica: “Quella (di Cospito a Genova, ndr) fu un’azione diretta sulla persona, preceduta e seguita da un dibattito lungo ed esteso nell’area. Fu l’azione di un nucleo ristretto di persone che erano in grado di farlo. È un problema di possibilità. Si parla degli anarchici molte volte come di organizzazioni, ma sono più spesso dei singoli”.

E allora, alla fine, che cosa resta dell’allarme terroristico? “La minaccia anarco-insurrezionalista - si legge nella Relazione - è nuovamente qualificata come la più concreta e vitale, caratterizzata da componenti militanti determinate a promuovere, attraverso una propaganda di taglio fortemente istigatorio, progettualità di lotta incentrate sulla tipica “azione diretta distruttiva”“.

Si è sempre nelle modalità tradizionali degli anarchici, insomma: azioni contro i tralicci, danneggiamento di macchine, incendi dolosi. Azioni distruttive contro banche, società, istituzioni, centri di ricerca. Prima era contro la repressione o a difesa dell’ambiente. Da ultimo ci si è messa la guerra. “L’attivismo “contro la guerra”, strumentalmente alimentato dalla lettura libertaria degli eventi bellici in Ucraina, ha visto gli anarchici impegnati nel riproporre appelli ad attivarsi”, è scritto ancora nella Relazione. Un terrorismo a bassa intensità, endemico, che si trascina da anni.