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di Alessandro Barbera

La Stampa, 29 gennaio 2023

Il Guardasigilli resta in silenzio e diserta l’audizione di domani in Commissione giustizia. Attesa per la decisione dei giudici. Il 7 marzo la Cassazione decide sul ricorso della difesa. Sulla matrice anarchica degli ultimi attentati alle sedi e al personale delle ambasciate italiane gli apparati di sicurezza non hanno dubbi. Per questo ieri mattina, mentre volava a Tripoli per discutere di gas e migranti, Giorgia Meloni ha dettato un comunicato senza sfumature: “Ho espresso preoccupazione e attenzione a questa nuova violenza nei confronti dei nostri diplomatici”. Due ore dopo una dichiarazione del sottosegretario alla Giustizia (di Fratelli d’Italia) Andrea Delmastro chiude il cerchio: “I magistrati non si intimoriscono e lo Stato non si piega. La normativa contro il terrorismo non arretra”.

Delmastro non fa nomi, ma il riferimento è alle condizioni di Alfredo Cospito, l’anarchico detenuto nel carcere di Sassari e sottoposto al regime duro dell’articolo 41bis. Cospito, in sciopero della fame da 101 giorni, sta scontando la condanna per la gambizzazione nel 2012 di un dirigente di Ansaldo Nucleare e nel 2006 di un attentato alla scuola allievi carabinieri di Fossano. Meloni è consapevole che una parola in più su questa vicenda può infiammare gli animi. I tempi in cui si sarebbe potuta permettere di cavalcare il caso in campagna elettorale sono lontani. Le proteste di ieri in alcune piazze a favore di Cospito hanno convinto la premier a una comunicazione a dir poco cauta. “Una sola parola in più sarebbe di troppo”, ammette una fonte di governo sotto la garanzia dell’anonimato.

Il più esposto alla vicenda è il ministro della Giustizia Carlo Nordio il quale, d’accordo con Meloni, si è chiuso nel riserbo più assoluto. Lo testimonia la decisione di ieri di non partecipare all’audizione prevista domani in commissione Giustizia per rispondere ad un question time sul caso Cospito. Lo staff del ministro rimanda a una nota che il 10 gennaio ha riassunto la vicenda giudiziaria dell’anarchico torinese. “La seguiamo con la massima attenzione”. Le condizioni di salute del detenuto “sono monitorate con un controllo medico giornaliero e un rafforzamento della sorveglianza”. Non solo: il comunicato sottolineava che “il regime del 41 bis è stato firmato il 4 maggio 2022 dall’allora ministra Marta Cartabia su richiesta concorde della Direzione distrettuale antimafia di Torino e della Direzione nazionale antimafia in relazione alla condanna per più reati, tra cui l’attentato per finalità di terrorismo e strage”.

E ancora: “Cospito del resto ha fatto pervenire dal carcere documenti di esortazione alla prosecuzione della lotta armata, dimostrando così di essere in grado di collegarsi con l’esterno, nonostante la detenzione in regime ordinario”. In sintesi la linea del governo può essere riassunta così: non stiamo facendo nulla di diverso di quanto deciso dall’esecutivo precedente. Per Meloni la faccenda è delicata sotto molti aspetti. La prima: non essendo stato condannato in via definitiva e anche tenendo conto delle sue condizioni di salute (Cospito ha perso quaranta chili e pochi giorni fa si è rotto il setto nasale cadendo nella doccia) il caso non può essere risolto da un atto di grazia del presidente della Repubblica. La seconda: ci sono un’inestricabile serie di atti formali da rispettare. Il Tribunale della Libertà, sollecitato dagli avvocati di Cospito, ha chiesto il trasferimento in una struttura sanitaria per detenuti.

La data cerchiata nelle agende del ministero della Giustizia è quella del 7 marzo, quando la Corte di Cassazione si riunirà per discutere il ricorso contro il regime carcerario a cui è sottoposto. Nel frattempo i giudici della Corte d’Appello di Torino hanno inviato gli atti alla Corte costituzionale, alla quale potrebbe rivolgersi anche la Cassazione.

“Al momento al ministero non è arrivata nessuna richiesta di revoca del regime speciale 41bis né da parte del detenuto, né dell’autorità giudiziaria, che a fronte dell’aggravamento delle condizioni di salute può disporre una sospensione della pena o chiedere al ministro una revoca del regime speciale”, scriveva il 10 gennaio Nordio. Come a dire: se Cospito non capitola, non lo farà certo lo Stato prima di lui. Ma quanto a lungo può durare il braccio di ferro?