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di Antonio Bravetti

La Stampa, 2 febbraio 2023

Il ministro della Giustizia alle Camere: “Non ce ne laviamo le mani ma c’è un’indagine aperta”. Dopo l’informativa, Pd, sinistra, Verdi e Cinquestelle lasciano l’Aula per protesta. Zero scuse. Niente dimissioni. Nessuna tregua. Non rientra, anzi si intensifica lo scontro tra Fratelli d’Italia e Pd sul caso di Alfredo Cospito. L’informativa del ministro della Giustizia Carlo Nordio non convince nessuno tra i banchi della minoranza. E l’atteggiamento della coppia Delmastro-Donzelli, entrambi fermi al loro posto, allarga il fronte delle opposizioni. Se martedì il Pd si era difeso quasi da solo dagli attacchi del responsabile organizzazione di FdI, ieri anche il Movimento 5 stelle ha alzato la voce: “C’è la regia politica di palazzo Chigi”. In serata Meloni parla, ma sui due esponenti del partito non proferisce verbo.

Prima alla Camera e poi al Senato il Guardasigilli ha illustrato punto per punto la vicenda che riguarda l’anarchico Cospito, in sciopero della fame e detenuto al 41-bis. Ma sul caso Donzelli Nordio resta vago: “Non ce ne laviamo le mani”, ma “c’è un’indagine aperta dalla procura di Roma” su esposto di Angelo Bonelli (Avs) “e per doveroso rispetto del lavoro degli inquirenti non possiamo non tenerne conto”. Le opposizioni, ovviamente, non gradiscono. Avrebbero preferito la censura di Donzelli e Delmastro. Chiedono allora un intervento di palazzo Chigi. “Dispiace che Meloni faccia finta di niente e se non interviene siamo portati a pensare che abbia approvato quanto accaduto” martedì, dice la capogruppo Pd Debora Serracchiani. Dura la pentastellata Vittoria Baldino: “Ci risulta difficile pensare che un luogotenente della presidente del Consiglio come Donzelli si sia avventurato su questo crinale senza una regia politica. Non ci fate ingenui: sappiamo che il mandato politico arriva da palazzo Chigi. E ministro Nordio la sua reticenza ha il sapore della complicità”. Entrambi i partiti alla Camera hanno presentato una mozione di censura nei confronti del sottosegretario Delmastro perché gli vengano ritirate le deleghe al Dap.

Di passi indietro, a sentire entrambi, non se ne parla. “Io che sono minacciato di morte posso pensare di dimettermi?”, domanda il sottosegretario alla Giustizia. “Non ho intenzione di dimettermi”, gli fa eco Donzelli, a cui chiedono di lasciare la vicepresidenza del Copasir. Tommaso Foti, capogruppo di FdI alla Camera, li blinda: “Restano al loro posto”. Un concetto che Matteo Salvini esprime, ma a bassa voce: “Non mi appassionano le dimissioni”.

Nella maggioranza, esclusa FdI, il comportamento dei due non è piaciuto praticamente a nessuno. Basta ascoltare il dibattito in Senato. Prima il senatore di Forza Italia Pierantonio Zanettin osserva: “Maggiore prudenza nelle esternazioni sarebbe stata più opportuna”. Il capogruppo leghista Massimiliano Romeo si spinge oltre: “Quanto è successo ieri servirà anche a noi della maggioranza da lezione”, e quindi invita “tutti ad abbassare i toni”.

A palazzo Madama il clima è particolarmente incandescente e a nulla valgono i richiami all’ordine del presidente Ignazio La Russa. Prima scoppia una lite tra Matteo Renzi e Roberto Scarpinato del M5S, poi un crescendo di tensione che sfocia nell’abbandono dell’aula da parte dei senatori del Pd e di altri esponenti delle forze di minoranza. A scatenare tutto è il senatore Alberto Balboni (FdI), che rivolto al Pd attacca: “Ma non vi rendete conto che andando in carcere a trovare Cospito avete aperto una voragine alla mafia? Io sono d’accordo che si possa andare in carcere a visitare un detenuto, ma perché dopo avete fatto una conferenza stampa criticando il 41-bis? Avete aperto una voragine”. I senatori democratici lasciano l’aula, protestando a gran voce. La capogruppo Simona Malpezzi spiega: “Siamo usciti dall’aula di fronte all’enormità delle parole pronunciate dal senatore Balboni che ha avuto il coraggio di dire che “il Pd ha aperto una voragine alla mafia”. Tutto questo senza una parola di censura da parte del presidente La Russa. Inaccettabile. Meloni si scusi. Ora basta”.

Al fianco del Pd si schierano la sinistra, i Verdi e i Cinquestelle. Non il Terzo polo. Che pure non è morbido nei confronti di Donzelli, della maggioranza e del governo: “Ha ragione chi chiama in causa la presidente del Consiglio. Volete avere una visione dello Stato moderno, con una giustizia liberale, o pensate di rincorrere il giustizialismo forcaiolo di Donzelli e del sottosegretario Delmastro? A voi la scelta”, dice Matteo Renzi in aula. E Carlo Calenda, via social, giudica “imbarazzante e imbarazzata” l’informativa di Nordio.