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di Giovanni Maria Jacobazzi

Il Dubbio, 25 gennaio 2024

Intervista a Francesco Petrelli, leader dei penalisti: “Andrà tenuta alta l’attenzione. Non ci possono essere compressioni del diritto di difesa”. “La vicenda mi sembra alquanto complessa e merita certamente di essere approfondita con grande attenzione. Nessuna sottovalutazione”, afferma l’avvocato romano Francesco Petrelli, dallo scorso ottobre presidente dell’Unione delle Camere penali, commentando la decisione della procura di Milano di indagare ieri per le ipotesi di reato di favoreggiamento e falso ideologico le due psicologhe del carcere di San Vittore e l’avvocata Alessia Pontenani, difensore di Alessia Pifferi. Quest’ultima è attualmente a processo in Corte d’assise per avere nel 2022 lasciato morire di stenti la figlia Diana di 18 mesi, abbandonandola in casa da sola per 6 giorni.

L’ipotesi accusatoria della Procura nei confronti delle psicologhe e dell’avvocata sarebbe quella di aver discusso del processo in corso nei confronti di Pifferi senza che questo rientrasse nelle rispettive competenze. Inoltre, alle due psicologhe viene contestato di aver redatto una relazione non corrispondente al vero circa una minore capacità intellettiva della donna. A tal proposito la procura milanese ne ha ordinato il sequestro, insieme anche a documenti su altre quattro detenute. Ciò che ha però destato grande sconcerto è da un lato l’urgenza di compiere tali atti di indagine, in quanto i documenti ricercati era custoditi in carcere e ben difficilmente potevano essere fatti sparire, e dall’altro la necessità di ipotizzare un reato di falso nei confronti del difensore che ha utilizzato un documento ufficiale del carcere per formulare le proprie richieste di prova.

Presidente Petrelli, in questa vicenda vede una concreta minaccia al diritto di difesa? L’episodio, ironia della sorte, cade proprio nella giornata internazionale dell’avvocato minacciato...

Da tempo assistiamo ad una deriva in tal senso. Il ruolo dell’avvocato difensore è molto spesso messo in discussione. Non credo sia, purtroppo, una novità di questi giorni.

L’avvocato è considerato un “intralcio” nelle indagini prima e nel processo dopo?

Diciamo che si identifica il difensore con il suo assistito. E questa “sovrapposizione” di ruoli non va certamente bene nella corretta dinamica difensiva.

Il difensore in qualche modo è ritenuto il responsabile degli eventuali reati commessi dal proprio assistito?

Io userei un termine diverso: non è responsabile ma colui che pone in essere una condotta, come in questo caso ha scritto la procura, di “favoreggiamento”. L’avvocato, in altri termini, è considerato un “complice” del proprio assistito. In tale ottica le legittime strategie difensive vengono valutate in maniera assolutamente negativa. E come se in qualche modo si volesse mettere in discussione quanto invece è dato per assodato dal punto di vista probatorio. Capirà che è molto grave.

Torniamo al caso di Alessia Pifferi e dei reati contestati alle psicologhe e al suo difensore...

Da quanto ho letto tutto ha inizio con la contestazione della condotta delle due psicologhe del carcere di San Vittore a Milano dove la donna è detenuta.

Come valuta tale impostazione accusatoria?

Difficile creare uno spartiacque fra attività propria dell’ufficio e quella di un consulente di parte.

Può fare un esempio?

Se un sanitario accerta l’esistenza di obiettive condizioni patologiche non compatibili con la detenzione a che titolo parla?

Molto chiaro...

In questa vicenda, poi, entrano in anche gioco altri fattori.

Tipo?

Certamente si intrecciano la drammaticità della condotta tenuta dalla donna, che ha lasciato morire la figlia come sappiamo, con tutte le difficoltà di una scienza problematica con la psichiatria forense.

Cosa accadrà ora? Fonti della procura di Milano affermano che il quadro indiziario sarebbe molto solido e che ci sarebbero molti elementi a suo riscontro....

Non conoscendo gli atti ovviamente non posso fare previsioni. Certamente sul caso andrà tenuta alta l’attenzione. Non ci possono essere compressioni del diritto di difesa, costituzionalmente previsto.