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di Nicoletta Cottone

Il Sole 24 Ore, 27 novembre 2023

La Garante dei detenuti Irene Testa: “Ora si attende l’assoluzione”. Sabato ha ottenuto la sospensione della pena. Accusato di un triplice omicidio sulle montagne di Sinnai, le intercettazioni hanno dimostrato che il testimone chiave aveva mentito. Appena lo hanno fatto uscire dal carcere Beniamino Zuncheddu si era avviato a piedi per tornare a casa. Una casa che aveva lasciato all’età di 26 anni per entrare in prigione, accusato di aver compiuto l’8 gennaio 1991 un triplice omicidio sulle montagne di Sinnai.

Gesuino Fadda, di 56 anni, il figlio Giuseppe Fadda, di 24 e il pastore, Ignazio Puxeddu, di 55, tutti di Sinnai, furono uccisi. Il genero di Fadda, Luigi Pinna, di 29 anni, di Maracalagonis (Cagliari), poi diventato il principale accusatore dell’imputato, rimase gravemente ferito. La scarcerazione di Beniamino è stata disposta nell’ambito del processo di revisione presso la Corte d’Appello di Roma. L’avvocato Mauro Trogu aveva presentato istanza per la libertà condizionale. “Sono 32 anni che sono in carcere da innocente e ora sono stanco di resistere. Voglio il riconoscimento della mia innocenza prima di morire”, ha detto Beniamino Zuncheddu.

Avevo voglia di scappare via, lontano dal carcere - “Avevo voglia di scappare via, lontano da quel posto”, ha detto Beniamino Zuncheddu, finito in carcere da innocente e rimasto dietro le sbarre per oltre 32 anni. “Avevo voglia di libertà. Avevo perso la speranza, non ci pensavo più. Ora aspetto l’assoluzione definitiva. Devo riorganizzare un po’ il cervello”, ha detto appena fuori dal carcere di Cagliari Uta, dove ha ricevuto l’ordinanza di sospensione della pena. Poi a Burcei in auto, dove lo attendeva la festa organizzata in parrocchia dagli abitanti. Un paese in festa, che lo ha sempre sostenuto, tanto che a Beniamino nella sala parrocchiale gremita hanno messo il riconoscimento della fascia tricolore da sindaco.

Beniamino aveva perso la speranza - “Aveva perso la speranza Beniamino”, racconta Irene Testa, Garante dei detenuti della Sardegna e tesoriera del Partito radicale. “La notizia della scarcerazione è giunta inaspettata, dopo tanta attesa. Nessuno si aspettava l’arrivo dell’ordinanza di scarcerazione di sabato, quando le cancellerie sono chiuse, anche se tutti eravamo pienamente coscienti che c’era un innocente in carcere da 32 anni”. Beniamino, racconta Irene Testa, “appena ha avuto i fogli dell’ordinanza in mano, ha raccolto rapidamente le sue cose in un paio di buste ed è uscito. Si stava incamminando a piedi verso Burcei. E dal carcere di Uta al paese ci sono 40 chilometri. In macchina si impiega almeno un’ora”.

In auto Beniamino “aveva paura che da un momento all’altro volessero riportarlo dentro”, racconta Irene Testa. In un video girato nell’auto che lo riporta a casa Beniamino dice di essere “in macchina, appena uscito dal carcere, contento di tornare al mio paese, Burcei”. “Felice, ma disorientato - racconta Irene Testa - festeggiato nella parrocchia di Burcei come se arrivasse il santo patrono, con fuochi d’artificio e fascia da sindaco”. Nominata a febbraio Garante dei detenuti della Sardegna, Irene Testa è entrata nella vicenda a cavallo di Ferragosto, in un periodo nel quale tutti sono in ferie, quando l’avvocato Mauro Trogu l’ha cercata per raccontarle il caso.

Beniamino non sopportava più il carcere - “Beniamino stava male e come garante potevo andare in carcere a trovarlo. Ci sono andata subito la domenica. Beniamino non sopportava più la situazione, il processo di revisione in atto da tre anni senza novità, nonostante le intercettazioni fossero chiare e inequivocabili”.

Le intercettazioni che lo scagionano - Le trascrizioni delle intercettazioni ambientali effettuate nel febbraio 2020 sull’auto del testimone oculare Luigi Pinna subito dopo la convocazione in procura a Cagliari non lasciano dubbi. Pinna era stato convocato in Procura generale per ricordare quanto accaduto. Dopo il colloquio era salito in auto e, intercettato, aveva detto alla moglie, che voleva sapere cosa gli avessero chiesto: “Volevano che io dicessi per forza che Marieddu mi ha mostrato una foto prima… non capisci: volevano che io dicessi per forza quello. Quello è accaduto! E loro lo hanno ben capito che è così, la verità”.

Le false dichiarazioni del testimone chiave - Solo in una delle ultime udienze dinanzi alla Corte d’appello di Roma, però, il testimone ammetterà di aver mentito. La Procura chiama in causa anche l’ex sovrintendente di Polizia, Mario Uda, che avrebbe “sviato le indagini convincendo” Pinna “a dichiarare il falso”. Ed emerge che inizialmente Pinna, nell’ambulanza che lo porta in ospedale dopo l’agguato, aveva detto ai carabinieri di non poter riconoscere l’assassino perché aveva un collant da donna calato sul volto. Poi un mese e mezzo dopo la nuova versione indotta, con l’accusa a Beniamino. Il teste, si legge nell’ordinanza di scarcerazione, “in sede di revisione ha dichiarato che l’assassino non aveva la calzamaglia (il che dovrebbe dunque avergli consentito di vederlo in volto), ma ha poi invece affermato il contrario e infine ha sostenuto che all’epoca in realtà non aveva riconosciuto l’aggressore, ma che l’allora ispettore di Polizia Uda Mario gli fece vedere la foto di colui che a suo giudizio era il vero colpevole e lo convinse ad accusare Zuncheddu Beniamino sostanzialmente “sulla fiducia”.

Il faro su Radio radicale - “Con l’avvocato Trogu ho acceso un faro su Radio radicale, nella trasmissione che conduco, “Lo Stato di diritto”, con uno speciale che ha mandato in onda tutte le intercettazioni. Poi l’interesse dei media, le manifestazioni. Il testimone chiave diceva chiaramente che Beniamino non c’entrava niente”. É l’ex procuratrice generale di Cagliari Francesca Nanni a sollevare il velo sulla vicenda e a ordinare nuove indagini e intercettazioni, su istanza dell’avvocato di Zuncheddu Mauro Trogu. Il perito Ignazio Garau, ascoltato nel novembre 2022, deposita la trascrizione delle intercettazioni telefoniche e ambientali che confermano quanto sostenuto dalla procuratrice Francesca Nanni, oggi in servizio a Milano, e dall’avvocato Mauro Trogu, difensore di Zuncheddu. Intercettazioni che testimoniano che la prova che ha fatto condannare all’ergastolo Zuncheddu è falsa, perché il teste chiave non ha detto la verità.

Il colpo d’acceleratore in Corte d’appello - “Il presidente della Corte d’appello di Roma ha dato un colpo d’acceleratore all’iter ed è stata fissata la data di chiusura del processo il 19 dicembre. Il 25 novembre l’ordinanza per la sospensione della pena ci fa ben sperare. Un primo passo importante in attesa dell’assoluzione definitiva. Perché un innocente è stato in carcere 32 anni”. L’ultima beffa è che Beniamino non potrà partecipare alle ultime udienze del processo, ascoltare in diretta le dichiarazioni degli ultimi testimoni, in quanto l’ordinanza di scarcerazione prescrive per lui l’obbligo di dimora nel comune di Burcei.