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di Francesco Grignetti

La Stampa, 1 settembre 2023

La Lega accelera sul ddl ma trova l’opposizione di Forza Italia. La Lega insiste sulla castrazione chimica per gli stupratori, e non casualmente lo fa in coincidenza con la visita della premier a Caivano. Pensano che sia il modo migliore per segnare una differenza di approccio al fenomeno delle violenze alle donne. Un approccio duro e puro. Ed è come se questa bandierina della castrazione tramite farmaci se la strappassero di mano in continuazione, a destra, perché hanno iniziato i leghisti a proporla, poi nel 2019 spingevano i Fratelli d’Italia, e ora riparte Matteo Salvini.

Il ddl in verità è stato presentato da mesi, a prima firma di Mara Bizzotto, ma per i leghisti è giunto il momento di spingere sull’acceleratore. “I tempi sono maturi per passare dalle parole ai fatti”, annunciano, ricordando che il trattamento farmacologico è previsto in 13 Paesi dell’Unione europea, oltre che Stati Uniti, Russia e nell’America Latina. In Italia sarebbe su base volontaria, in forma di prevenzione di nuovi reati e cura dei soggetti dichiarati pericolosi dai giudici, e sempre sotto controllo medico. Una precisazione indispensabile perché la Costituzione vieta ogni intervento sanitario coattivo.

Il trattamento farmacologico (definito tecnicamente di “blocco androgenico totale” a base di farmaci dell’ormone di rilascio dell’ormone luteinizzante) potrebbe essere su base volontaria o coattiva. Nel primo caso, dovrebbe essere richiesto dai condannati per stupro o per violenza sessuale nei confronti di minori. Prevede la valutazione da parte del giudice della pericolosità sociale e della personalità del condannato e dei suoi rapporti con la vittima. La castrazione chimica coattiva sarebbe invece disposta dal giudice se il condannato per gli stessi reati viene dichiarato incapace di intendere e di volere, al termine di una perizia psichiatrica. Il trattamento inoltre dovrebbe rientrare in un programma di recupero psicoterapeutico, di cui si occupa l’amministrazione penitenziaria.

Giulia Bongiorno, la presidente leghista della commissione Giustizia al Senato, sempre attenta sul versante dei diritti delle donne, ha un approccio laico: “Penso che la castrazione chimica possa essere utile per determinati reati, penso alla pedofilia e alla violenza sessuale, e per determinati soggetti, recidivi. Ed è indispensabile che sia reversibile perché non deve lasciare lesioni permanenti”.

Il punto è che il percorso parlamentare di questo ddl si annuncia particolarmente accidentato. Ed è ben strano, se solo si pensa che Giorgia Meloni nel 2019 andò nel salotto tv di Bruno Vespa e scandì: “Della castrazione chimica volontaria, penso che sia una norma che può aiutare”.

Non è un mistero, però, che il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, non ci crede. Ha scritto più editoriali contro la castrazione farmacologica: “Sarebbe un ritorno al Medioevo. Comprensibile che, come dopo ogni strage terroristica c’è chi invoca il patibolo, così ad ogni violenza sessuale si prospetti la possibilità di rendere inoffensivi questi criminali neutralizzandoli con gli strumenti chimici. Tuttavia non sarebbe una scelta razionale”.

Si rischia insomma un corto circuito dentro la maggioranza. E infatti, a parte l’assordante silenzio del partito della premier, l’idea leghista di infilare la castrazione chimica nel ddl che porta il nome del Guardasigilli è rientrata velocemente.

Ad opporsi sono anche quelli di Forza Italia. Stopparono la castrazione chimica in passato, sono pronti a farlo di nuovo. “Se si introduce la castrazione chimica - dice Rita dalla Chiesa, vicepresidente dei deputati azzurri - lo Stato fallisce. Uno Stato non può intervenire sul corpo di un individuo, nel modo più assoluto. Ci sono altre cose che dovrebbero aiutare a far sì che tutto quello che sta succedendo, che è veramente una cosa terribile, non succeda più”.

Sono ferocemente contrari anche a sinistra. Replica la capogruppo Pd alla Camera Chiara Braga: “Non è la risposta. I dati dicono che la maggioranza delle violenze si consuma in casa, tra i propri affetti. La soluzione per cambiare davvero è investire nella formazione, nella prevenzione, nell’educazione sentimentale nelle scuole”.

Ed è tranciante Filippo Sensi, senatore Pd: “La dico così, mi scuserete: la proposta della castrazione chimica mi pare una bugiarda, inutile stronzata. E mi fa rabbia che di fronte a quella che tutti reputano una priorità - la sicurezza delle donne, il contrasto e la prevenzione del femminicidio - si perda tempo così. Rabbia”.