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di Salvo Palazzolo

La Repubblica, 26 marzo 2024

I provvedimenti di Roberto Di Bella, presidente del tribunale per i minorenni, convincono altri esponenti dei clan mafiosi a rompere il muro dell’omertà. Intanto i clan coinvolgono sempre più bambini nelle attività di spaccio. “Pusher anche a sette anni”. La lettera era un po’ sgrammaticata, ma i toni molto accorati: “Signor giudice Di Bella, grazie per i provvedimenti che ha preso nei confronti dei miei nipotini dopo l’arresto della nostra famiglia. Mi sono reso conto che i bambini non possono fare la vita che ho fatto io, entrando e uscendo dal carcere. Loro hanno diritto a un destino migliore. Per questo ho scelto di iniziare a collaborare con la giustizia”. E di seguito la firma di un influente boss catanese specializzato nel narcotraffico che nei mesi scorsi è tornato in carcere, assieme ad alcuni suoi familiari.

“Queste lettere sono sempre un’emozione grande”, racconta Roberto Di Bella, il presidente del tribunale per i minorenni di Catania, che da anni si impegna per dare un futuro migliore ai figli di mafia: quando lavorava in Calabria ha inventato il progetto “Liberi di scegliere”. “Inizialmente - spiega - alcuni nipoti del capomafia che mi ha scritto erano stati allontanati dalla famiglia, erano andati in comunità con la madre, che intanto stava scontando gli arresti domiciliari, lontano da Catania”.

Il destino dei figli di mafia continua a essere cruciale per le sorti dei padrini e dei clan. “Un capomafia, al 41 bis, mi ha chiesto di tenere lontano suo figlio dal quartiere - racconta Roberto Di Bella - in altri casi sono state le mamme a farsi avanti, chiedendo di essere aiutate ad andare via assieme ai figli”. Nel percorso di Roberto Di Bella, fra Reggio Calabria e Catania, ci sono più di 30 donne andate via dalle loro famiglie di appartenenza: sette sono diventate collaboratrici di giustizia. E oggi il protocollo “Liberi di scegliere” verrà firmato a Roma anche dai magistrati di Palermo e Napoli, da cinque ministeri (Giustizia, Interni, Istruzione, Università e Famiglia), dalla Direzione nazionale antimafia e dalla Conferenza episcopale italiana. Un protocollo che assicurerà più risorse per offrire ai figli di mafia un percorso di riscatto, lontano dalle regioni di origine e soprattutto dalle famiglie criminali.

“I mafiosi continuano a scrivermi dal carcere - racconta Roberto Di Bella - segno che abbiamo aperto una breccia nel muro dell’omertà”. Di recente, gli ha scritto un ex boss della ‘ndrangheta. Anche lui per ringraziarlo del progetto “Liberi di scegliere”. “Quando sono stati inseriti i miei figli - ha scritto - ho capito che pure io dovevo fare qualcosa per cambiare vita”. E ha iniziato a collaborare con la giustizia.

Anche Papa Francesco ha avuto parole di apprezzamento per il protocollo “Liberi di scegliere” in un incontro con il giudice Di Bella, don Luigi Ciotti e alcune donne catanesi che hanno spezzato il legame con le famiglie di mafia. “Davvero questo protocollo può segnare un percorso importantissimo per la lotta ai clan”, dice ancora il presidente del tribunale, che continua a vivere sotto scorta. “Deve passare il messaggio che i provvedimenti adottati dal tribunale per i minorenni non sono punitivi per i genitori, ma sono a tutela dei ragazzi”. E ai mafiosi si rivolge, ancora una volta, Roberto Di Bella: “Aiutateci a evitare ai vostri figli la sofferenza che state provando voi in carcere”.

Per la prima volta si è fatto avanti un nonno, l’ultimo collaboratore di giustizia della Direzione distrettuale antimafia di Catania, che ha già contribuito a far arrestare decine di boss e trafficanti di droga. Una scelta che ha messo in crisi altri uomini e donne delle cosche. “È un momento determinante per la lotta alla mafia”, spiega il presidente del tribunale per i minorenni. È il momento in cui Cosa nostra si riorganizza, nonostante i colpi subiti per il lavoro della magistratura e delle forze dell’ordine.

Intanto, la droga invade Catania e l’intera Sicilia: “Vengono utilizzati anche bambini di sette anni per spacciare, quelli più piccoli nei passeggini vengono invece usati come scudo durante le attività criminali”, spiega il magistrato.

Il protocollo “Liberi di scegliere” è anche una sollecitazione alle istituzioni politiche e sociali a essere sempre più presenti sul territorio. Perché non ci siano più ghetti. “Di recente, la commissione parlamentare Antimafia ha creato anche un gruppo di lavoro perché il protocollo diventi presto un disegno di legge bipartisan”, spiega Di Bella. A guidare il percorso è la senatrice del Pd Enza Rando, fino a qualche tempo fa vicepresidente di Libera, l’associazione che si prende cura dei figli di mafia e dei genitori in cerca di riscatto.