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di Giorgio Curcio

Corriere della Calabria, 12 novembre 2022

La strategia di sopravvivenza di Salvatore Curatolo. Detenuto da trent’anni, il 66enne è dottore in Sociologia grazie al percorso di studi con l’Umg di Catanzaro. Il libro è stato presentato a Lamezia.

Fuggire dalla retorica affrontando un tema che da un po’ di tempo rappresenta uno dei punti cruciali della discussione sulla giustizia italiana e la gestione delle carceri e dei detenuti. Parlare, oggi, di ergastolo ostativo significa inserirsi in un dibattito animato che contrappone tesi e visioni differenti ma che si incrociano sul campo minato della presunta incostituzionalità di una legge tutta da verificare e di un continuo confronto tra Consulta e Cassazione. Sullo sfondo due governi - quello di Mario Draghi e di Giorgia Meloni - e poi storie che assomigliano a paradossi che, tradotti nella realtà, sono destinate a cambiare visioni e prospettive, a ribaltare preconcetti e teorie.

Forse la più significativa arriva proprio dalla Calabria, dal penitenziario “Ugo Caridi” di Catanzaro. A riecheggiare ad oltre un anno di distanza è il nome di Salvatore Curatolo, ormai 66enne, originario di Caltanissetta, finito in carcere oltre trent’anni fa e con una sfilza di condanne per associazione mafiosa, estorsione e omicidi. Curatolo però da uno stato di totale analfabetismo, complice una storia familiare affatto semplice, segue in regime detentivo ostativo un percorso di studi che lo porterà prima a conseguire la quinta elementare, poi la licenzia media e il diploma all’istituto tecnico per geometri. Ma il sorprendente percorso di studi di Curatolo prosegue, fino al conseguimento della laurea in Sociologia con l’ottimo 110 e lode dell’estate scorsa, grazie alla sinergia tra il penitenziario del capoluogo e l’Università Magna Graecia. La sua tesi, ora, è diventata un libro: “Ergastolo ostativo, percorso e strategie di sopravvivenza”, edito da Rubbettino, presentato a Lamezia Terme. Curatolo ha quindi tradotto il suo stato detentivo e ostativo ininterrotto da trent’anni in una opportunità, quella di realizzare un’autoetnografia condotta da sociologo, che segna un nuovo percorso personale e umano. Il suo libro è stato presentato a Lamezia nel corso di un evento organizzato insieme al Comune, all’assessore alla Cultura, Giorgia Gargano, il sindaco e il vicesindaco, Mascaro e Bevilacqua, oltre a Claudia Atzeni dell’Umg e l’avvocato Carlo Petitto.

A seguire il suo percorso di studio (quasi riabilitativo) è stato il relatore della tesi, il professor Charlie Barnao, docente di Sociologia all’Università “Magna Graecia” di Catanzaro e delegato del Rettore per il “Polo universitario per studenti detenuti”, anche lui presente all’evento lametino. “La storia - ha spiegato ai microfoni del Corriere della Calabria - è quella di Salvatore Curatolo, un ergastolano ostativo che è da 30 anni ininterrotti in carcere che ha fatto la quinta elementare, poi la terza media e poi si è anche laureato”. Il “racconto di sopravvivenza” affronta in maniera diretta le condizioni di un detenuto, ristretto in carcere, e condannato ad una pena che, sostanzialmente, prevede la fine dei propri giorni all’interno di un carcere, senza alcun orizzonte temporale. Il riscatto di Salvatore Curatolo è, in questo, legato al ruolo assunto all’interno del carcere “in collaborazione con l’amministrazione penitenziaria perché già diversi detenuti sono iscritti alle nostre università. Nel caso specifico, Curatolo è uno dei 25 studenti detenuti di cui 17 in alta sicurezza che sono iscritti ai corsi universitari dell’UMG e lui è il primo tutor pari interno a livello italiano all’interno delle nostre carceri, cioè una figura che esiste soltanto a Catanzaro, la figura di un detenuto che aiuta altri detenuti a studiare”.

La principale strategia di sopravvivenza di cui parla Curatolo in questo libro sostanzialmente è “lo studio ma non tanto e non solo come emancipazione da un punto di vista anche un po’ retorico, ma lo studio come gesto d’amore”. Già perché Salvatore Curatolo, dopo 12 anni di detenzione al 41bis, ha iniziato ad aver paura di perdere il contatto e il rapporto con le proprie figlie, Valentina e Serena, che nel frattempo si emancipavano, studiavano e si laureavano, diventavano delle professioniste stimate. E quindi, nonostante non avesse neanche la quinta elementare, Curatolo “ha iniziato a leggere libri - spiega Barnao - e da lì è stata una catena che adesso l’ha portato essere iscritto a una laurea specialistica in Sociologia ma, come dice lui, “io non smetterò mai di studiare”. L’ergastolano Curatolo è a tutti gli effetti l’espressione positiva di un percorso. “Abbiamo avuto un ottimo rapporto tra docente e studente, e lui è stato un ottimo studente di Sociologia. Tuttavia, seguire Salvatore Curatolo mi ha permesso di conoscere la realtà carceraria, di conoscere altri detenuti in alta sicurezza e, di fatto, si è creato un gruppo e oggi possiamo dire di avere un gruppo di ricerca misto, costituito sia da docenti della UMG che da detenuti in alta sicurezza, abbiamo sia degli assegnisti di ricerca, abbiamo anche un archeologa e l’assessore Gargano del Comune di Lamezia Terme partecipa attivamente a questo gruppo di ricerca che si sta trasformando in un gruppo di ricerca sul carcere, e stanno emergendo i primi lavori di ricerca sul campo”.

La collana Rubbettino - Quello di Rubbettino e della collana è un percorso con una direzione ben precisa. “Il secondo volume della collana - spiega ancora Barnao - sarà quello di un altro detenuto, già dei casalesi, Sergio Ferraro, che racconta nel suo caso non tanto le strategie di sopravvivenza in carcere ma piuttosto i suoi processi di socializzazione prima all’interno del clan, poi all’interno del carcere, mettendo a confronto quanto sia il clan che il carcere siano delle istituzioni totali con tantissimi punti di contatto. Sono lavori che mettono in evidenza quanto le carceri italiane svolgano purtroppo spesso principalmente la funzione di discarica sociale, all’interno della quale individui non vengono rieducati, e quello di Curatolo è uno dei casi eccezionali, legati a situazioni contingenti molto particolari che coinvolgono altre figure e un lavoro di particolari figure che fanno più del loro lavoro sia a livello dell’amministrazione penitenziaria e degli agenti”. “Ma nella normalità tutto ciò non accade e il carcere, quindi, in quanto discarica sociale, diventa un luogo dove gli individui vengono dimenticati, abbandonati e marginalizzati ulteriormente e possiamo dire a un certo punto di vista anche torturati, è ovviamente una mia opinione personale”.

L’ergastolo ostativo - Il macrotema è quello dell’ergastolo ostativo. In queste ore infatti la Corte costituzionale ha rimandato l’intero dossier alla Cassazione, la stessa che per prima ha sollevato il problema della compatibilità dell’articolo 4-bis dell’ordinamento penitenziario con la nostra Carta. “Il tema è l’ostatività, l’ergastolo ostativo - ha spiegato al Corriere della Calabria l’avvocato Carlo Petitto - ma più in generale l’interrogativo legato alla compatibilità della misura con la carta costituzionale”. “Io - spiega l’avvocato - il mondo dei giuristi, le camere penali, i professori di diritto penale, riteniamo tutti che l’ergastolo ostativo sia fuori dell’orizzonte della Costituzione, fuori da quell’articolo 27 che pone la rieducazione, la riabilitazione del soggetto, la ripartecipazione al consorzio sociale come elemento baricentrico. Questo è l’obiettivo delle pene e della penalità, non escludere l’ergastolo che deve avere invece la sua finalità rieducativa. Per questo un ergastolo fine pena mai, 9999 come è scritto nei fogli matricola, non può essere compatibile con l’orizzonte democratico del nostro Paese”.