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di Francesca Achito

calabrianews24.com, 27 novembre 2024

La vicenda di Domenico Lauria, un giovane messinese di 28 anni trovato senza vita nella sua cella del carcere “Ugo Caridi” di Siano a Catanzaro, ha portato nuovamente l’attenzione sulle difficili condizioni nelle carceri italiane. Lauria, con un passato segnato da tossicodipendenza e problemi psichiatrici, stava scontando un cumulo di pene per reati legati prevalentemente a furti e resistenza a pubblico ufficiale. La sua morte, avvenuta venerdì scorso, ha sollevato interrogativi sulla gestione dei detenuti con fragilità psichiche e sulle responsabilità istituzionali.

Il racconto di un detenuto: parole agghiaccianti. Lauria, detenuto a lungo nel carcere “Pietro Cerulli” di Trapani, aveva descritto in modo drammatico le sue condizioni durante la detenzione. Secondo quanto riportato in un’ordinanza giudiziaria, il giovane lamentava un trattamento disumano, tagli autoinflitti quotidianamente e un’assistenza inadeguata, in particolare riguardo alla somministrazione del metadone. Queste dichiarazioni emergono all’interno di un’indagine della Procura di Trapani, che ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati di 25 agenti penitenziari accusati, tra gli altri reati, di tortura e abuso di autorità. Un quadro che getta ombre pesanti sulla gestione del carcere trapanese, dove Lauria aveva trascorso un lungo periodo di detenzione prima di essere trasferito a Catanzaro.

La morte di Lauria: una famiglia in cerca di giustizia. La notizia della morte di Lauria è arrivata come un fulmine a ciel sereno per i familiari. Il giovane, invalido civile al 75% e con accertati disturbi psichiatrici, era affidato alla madre come amministratore di sostegno. Nonostante le ripetute richieste del legale della famiglia, avv. Pietro Ruggeri, per ottenere il trasferimento in una struttura adeguata, il Tribunale di sorveglianza di Palermo aveva negato il differimento della pena. Secondo il legale, il corpo di Lauria presentava evidenti segni di ematomi e ferite da taglio, ma il referto medico ufficiale avrebbe attribuito il decesso ad abuso di sostanze stupefacenti e conseguente arresto cardiaco. La famiglia ha sporto denuncia sia alla Procura di Catanzaro che a quella di Trapani, chiedendo di fare luce sulle cause e sulle responsabilità della morte.

Un percorso giudiziario travagliato - Lauria stava scontando una pena complessiva di oltre 11 anni per reati commessi principalmente a causa della sua tossicodipendenza. Fin dal 2021, il legale aveva avanzato istanze per un avvicinamento alla famiglia e per il trasferimento in una struttura specializzata. Tuttavia, queste richieste non hanno trovato accoglimento, lasciando il giovane in un contesto carcerario che non sembrava adatto alle sue necessità. Le condanne accumulate riguardavano principalmente reati non violenti, ma la mancanza di un’adeguata rete di supporto ha trasformato le sue fragilità in un percorso penale segnato da continue difficoltà.

L’inchiesta della Procura di Catanzaro - Dopo la denuncia della famiglia, la Procura di Catanzaro, guidata dalla pm Francesca Delcogliano, ha avviato un’inchiesta per chiarire le circostanze della morte. L’autopsia è stata già eseguita e si attendono i risultati dei prelievi effettuati dal medico legale per ottenere risposte più dettagliate sulle cause del decesso. Questo caso si intreccia con un quadro più ampio di problematiche relative alla gestione dei detenuti con patologie psichiatriche e dipendenze, sottolineando la necessità di interventi sistemici per evitare il ripetersi di simili tragedie.

Le indagini a Trapani: agenti penitenziari sotto accusa - Il carcere “Pietro Cerulli” di Trapani, dove Lauria era stato detenuto per oltre un anno e mezzo, è al centro di un’indagine che ha portato all’accusa di tortura, abuso d’autorità e falso ideologico nei confronti di 25 agenti penitenziari. Le testimonianze dei detenuti, raccolte nell’ambito dell’inchiesta, descrivono un ambiente caratterizzato da abusi e violenze sistematiche. Le condizioni di detenzione di Lauria, così come raccontate dal giovane stesso, costituiscono un elemento chiave per comprendere la complessità del caso e il contesto in cui si sarebbe consumata una parte significativa della sua pena.

La visita ispettiva al carcere di Trapani - Davide Faraone, capogruppo di Italia Viva alla Camera, ha annunciato una visita ispettiva presso il carcere di Trapani insieme al Garante dei detenuti Pino Apprendi e Nina Grillo dell’esecutivo di Italia Viva Sicilia. L’obiettivo è verificare le condizioni di detenzione e accertare eventuali responsabilità istituzionali nell’ambito delle accuse mosse agli agenti penitenziari. Questa visita rappresenta un ulteriore passo verso la trasparenza e il controllo di una realtà che sembra aver fallito nel garantire il rispetto dei diritti umani.

Un sistema penitenziario sotto accusa - La morte di Domenico Lauria e le accuse di abusi nel carcere di Trapani evidenziano le gravi carenze del sistema penitenziario italiano, in particolare nella gestione dei detenuti con problemi di salute mentale e dipendenze. Il mancato riconoscimento delle specificità di questi casi rischia di trasformare la detenzione in una punizione disumana piuttosto che in un percorso rieducativo.

Le richieste della famiglia - La famiglia di Lauria, assistita dall’avvocato Ruggeri, chiede giustizia e verità sulle cause del decesso. L’accumularsi di segni di malessere fisico e psicologico durante la detenzione solleva dubbi sulla capacità del sistema di proteggere i detenuti più vulnerabili. “Non si tratta solo di conoscere le cause della morte - ha dichiarato l’avvocato Ruggeri - ma di accertare se siano state messe in atto tutte le misure necessarie per garantire la sua sicurezza e salute durante la detenzione”. Il caso di Domenico Lauria non è solo una tragica vicenda personale, ma un monito sulle profonde lacune del sistema carcerario italiano. La necessità di una maggiore attenzione alle condizioni di detenzione, al rispetto dei diritti umani e alla gestione dei detenuti con fragilità è oggi più che mai evidente. Mentre le inchieste proseguono, il caso Lauria resta un simbolo delle battaglie che devono essere condotte per garantire un sistema penitenziario più giusto e umano. La speranza è che tragedie simili possano essere evitate in futuro attraverso riforme concrete e un maggiore impegno istituzionale.