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di Franco Corleone

L’Espresso, 2 luglio 2023

Il 15 giugno Mauro Palma ha presentato alla Camera la settima relazione del Collegio del garante dei diritti delle persone private della libertà. Il titolo: “Sguardi che dialogano”. Una lezione di politica alta, un richiamo alla Costituzione, un auspicio di incontro tra istituzioni e società civile. Un discorso che si lega a quello del presidente Sergio Mattarella per l’anniversario della Liberazione, due testi che dovrebbero essere letti nelle scuole e nelle università.

È stata l’ultima relazione di fine mandato, ma non si è trattato di un addio formale, piuttosto di una puntualizzazione sulle questioni aperte, rivendicando la linea seguita e ammonendo sull’obbligo della continuità. Palma ha espresso stupore e dissenso verso proposte tese a diminuire la portata del principio della Carta costituzionale rivolto alla reintegrazione sociale del reo. Per essere espliciti: si sta parlando della proposta di modifica dell’art. 27 della Costituzione sulla concezione delle pene e la salvaguardia dei diritti in carcere, primo fra tutti il diritto alla speranza.

Nella scorsa legislatura era stata Giorgia Meloni a presentare una secca proposta (la n. 3154, con seconda firma di Andrea Delmastro Delle Vedove, attuale sottosegretario alla Giustizia), che aggiungeva al terzo comma una frase ammonitrice: “La legge garantisce che l’esecuzione delle pene tenga conto della pericolosità sociale del condannato e avvenga senza pregiudizio per la sicurezza dei cittadini”.

In pratica una cancellazione delle misure alternative. In questa legislatura l’onorevole Edmondo Cirielli è tornato sul tema con la proposta n. 285, riscrivendo nell’anno del 75° anniversario della Costituzione il terzo comma dell’art. 75 così: “La pena (al singolare, ndr), che non può consistere in trattamenti contrari al senso di umanità, assicura la giusta punizione del reo per il fatto commesso e la prevenzione generale e speciale del reato e deve tendere, con la collaborazione del condannato, alla sua rieducazione. Sono stabiliti con legge i limiti della finalità rieducativa in rapporto con le altre finalità e con le esigenze di difesa sociale”.

Questo obbrobrio forse rimarrà nei cassetti, ma va denunciato come tale. Palma sottolinea anche l’alto numero di persone in carcere per pene brevi sotto un anno e ripropone l’ipotesi prospettata da Alessandro Margara di istituire piccole strutture con una gestione dei comuni per realizzare una giustizia di comunità effettiva, al di là dei proclami. Si tratta di ben settemila soggetti: se potessero usufruire di misure sul territorio, si abbatterebbe il sovraffollamento delle carceri e si favorirebbe la reintegrazione sociale.

Infine, Palma ha denunciato la nostalgia del manicomio giudiziario e la responsabilità dei magistrati per la bulimia delle misure di sicurezza detentive, conseguenti agli eccessivi proscioglimenti per incapacità di intendere e volere: mettendo così fine all’assurda lamentela sul numero insufficiente di Rems. È la premessa per una svolta: la Società della Ragione ha elaborato una proposta (la n. 1119 dell’on. Riccardo Magi) contro il “doppio binario” del Codice Rocco. Si dice che il ministro Carlo Nordio sia impegnato a individuare il nuovo garante attraverso mediocri lottizzazioni. Per fortuna la responsabilità della nomina è nelle mani del presidente Mattarella.