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di Gianluca Nicoletti

La Stampa, 11 dicembre 2023

Il tribunale della “gente per bene da tastiera” ha sentenziato che Gino Cecchettin dovrebbe tacere e scomparire. Nei social, e non solo, è partita la gara al massacro di un padre che ha appena seppellito la sua ragazza, ammazzata a coltellate. Qualcuno ora pretende di insegnargli come comportarsi nella gestione del suo dolore. Perché nulla possa essere concesso a quest’uomo trapassato da una tragedia inimmaginabile, gli è stato anche ricordato come Gesù avesse perdonato i suoi carnefici. Gli indignati peraltro si erano già ampiamente espressi nei confronti della sorella di Giulia, il suo discorso sulle responsabilità dei maschi in generale non è piaciuto ai difensori della virilità cosmica, che il femminismo vorrebbe delegittimare. Persino verso la nonna non sono state risparmiate critiche, solo perché in tv non è sembrata sufficientemente affranta.

È triste doverlo ammettere, è però chiaro che una parte dell’opinione generale vorrebbe ancora una volta delegittimare il diritto a esistere del concetto stesso di femminicidio, trovando nell’attacco al padre una nuova forma di vigliacca militanza nei ranghi dei restauratori del mondo che fu, in cui i maschi erano rispettati da donne sottomesse.

Il padre di Giulia è una presenza imbarazzante per i sostenitori del “sano”“ essere maschi e femmine; nella regola avrebbe dovuto tacere, scomparire, scegliere la via della clausura. Soprattutto non avrebbe mai dovuto, lui maschio, farsi portatore di istanze che vera gentaccia, ignorante e fuori dal tempo, attribuisce a un’isteria generalizzata, una mistificazione generata dall’ideologia Woke, dai progressisti, da quelli della propaganda gender.

In quest’ottica un padre non si dovrebbe permettere di farsi portavoce di altri padri, non dovrebbe porsi come testimone della cattiva coscienza di quanti di noi scrollano le spalle, pensando che si dia troppa enfasi a un banalissimo caso di cronaca nera. È la tesi che furoreggia nei talk populisti, per cui, in fondo, si tratta di un ragazzo con evidenti problemi che ha ucciso l’ex fidanzata perché è “un debole”, gli altri si possono tenere pure fuori, la colpa è individuale ed esclude ogni presa in carico collettiva.

Invece Gino Cecchettin sta dimostrando sulla sua pelle che le cose non stanno così, la shitstorm scatenata contro di lui conferma quanto sia giusto che la società tutta dei maschi si interroghi sul proprio livello di civilizzazione. Il suo è un pericoloso esempio di attacco a un pensiero fintamente dominante, in un Paese che in grande parte sembra inseguire il passato.

Ci meravigliamo che sia osteggiato un padre che chiede ad altri padri di prendersi sulle spalle il problema dei femminicidi? Chiunque non sia ipocrita non può fingere di ignorare che, per non scontentare lo stesso fronte bigotto, si sia arrivati al punto che, nel comitato per il programma ministeriale di educazione affettiva nelle scuole, nemmeno una suora e un’esponente attiva del “popolo della famiglia” siano bastate a controbilanciare la presenza di una terza garante, che ha la colpa inammissibile di amare un’altra donna.