sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Damiano Aliprandi

Il Dubbio, 11 marzo 2023

Si è esaurito l’effetto delle misure per ridurre la popolazione carceraria durante la pandemia. Una volta ripristinato il sistema “pre covid”, il sovraffollamento è riemerso con tutte le conseguenze che comporta. Le statistiche di riepilogo semestrale pubblicate alla fine del mese di febbraio dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap), parlano chiaro: il numero di detenuti in Italia è tornato a crescere in maniera consistente per tutto il corso del 2022.

Come si evince da uno studio pubblicato sul sito del Garante della Regione Lazio Stefano Anatasìa, in termini relativi il numero degli ingressi in carcere dalla libertà nel secondo semestre 2022 ha fatto registrare un tasso del + 5,1% in Italia. Il maggiore incremento delle persone presenti in carcere, in termini relativi, nell’intero Paese ha riguardato soprattutto i detenuti con pene definitive. Infatti, le persone che devono scontare pene superiori ai cinque anni sono aumentate nel 2022 del 5% mentre il numero di chi deve scontare pene inferiori a tale soglia è cresciuto del 9%. Le presenze di detenuti in attesa di giudizio sono rimaste stabili e si sono ridotte (del 9%) quelle delle persone con condanne non definitive.

Ma i dati su ogni regione, carcere per carcere, chiariscono meglio la situazione critica. Prendiamo ad esempio il Lazio. Le dinamiche risultano più intense sia per quanto riguarda i detenuti con pene superiori ai cinque anni che sono cresciuti del 6%, sia per coloro che devono scontare condanne di minore entità che hanno fatto registrare un tasso di crescita del 12%. Sono anche cresciute le presenze delle persone in attesa di giudizio, del 12%, mentre sono diminuiti i numeri dei condannati non definitivi (del 5%). Passando a valutare le presenze dei detenuti in base alla pena residua e prestando particolare attenzione a coloro ai quali mancano meno di due anni da scontare nei 14 istituti penitenziari del Lazio, il garante Anastasìa sottolinea il fatto che la significativa riduzione che si è realizzata nel giugno del 2020, in virtù di alcune misure di decongestionamento messe in atto a causa della pandemia, è durata soltanto pochi mesi. Nel 2022 il numero di persone che, almeno in parte, potrebbero avere accesso a misure alternative e a programmi di reinserimento nei mesi immediatamente precedenti la fine del periodo detentivo ha superato la soglia delle 1.700 unità e costituisce il 29% dell’intera popolazione detenuta presente nella regione.

Di fatto si sta lentamente ma costantemente acutizzando la situazione di grave criticità che contraddistingue la condizione di vita delle persone detenute negli istituti penitenziari dell’intero Paese. Complessivamente i detenuti presenti in Italia a fine febbraio sono 56.319 e sono 16 su 20 le regioni in cui il tasso di affollamento supera la soglia del 100%. Tra queste 10 presentano valori superiori al 110%. Nel Lazio, il tasso complessivo calcolato sulla capienza “regolamentare” risulta superiore alla media nazionale e si attesta al 112,7%. La situazione è comunque decisamente più critica se si valutano questi dati in relazione ai posti effettivamente disponibili. Infatti il tasso reale di affollamento è pari al 124% e sono 10 su 14 gli Istituti dove i detenuti presenti sono in numero superiore al 100% dei posti disponibili.

Ma crescono anche nuovamente i bambini dietro le sbarre. È cresciuto da 17 a 24 in Italia il numero di bambini, figli di detenute, presenti al seguito delle loro madri. Nell’istituto penitenziario Germana Stefanini di Roma Rebibbia sono presenti due bambini, mentre il mese scorso ve n’era uno solo.

Ricordiamo che la detenzione è già di per sé una condizione problematica e drammatica per le persone che la vivono, sia per ciò che possono subire nelle carceri, a livello mentale e fisico, sia per le gravi difficoltà di reinserimento nella società una volta usciti, che spesso portano a recidive. Il sovraffollamento in questo senso forza i detenuti a condividere uno spazio più ristretto, aggravandone ulteriormente la qualità della vita. In questo senso, il comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti ha dichiara che ogni detenuto deve avere a disposizione uno spazio vitale di almeno 4 metri quadri. Lo scorso aprile, il comitato stesso ha infatti lanciato una raccomandazione verso gli Stati membri: ovvero quello di affrontare il problema con determinazione, fissando un numero massimo di detenuti da accogliere in ogni istituto penitenziario, da rispettare scupolosamente. Ha esortato quindi i governi a collaborare con legislatori, giudici, pubblici ministeri e dirigenti carcerari per affrontare il sovraffollamento penitenziario con un’azione concertata.

Ma per ora l’attuale governo ancora presta attenzione al sistema penitenziario. In compenso, dopo due anni e mezzo in cui circa 700 detenuti semiliberi - a fronte delle normative per l’emergenza Covid - hanno potuto non far rientro in carcere la notte, dal 31 dicembre scorso, sono tornati nuovamente negli istituti. Il rischio di ritornare indietro, è oramai concreto. Eppure la pandemia, nella sua immane tragedia, è stato anche motivo per fare passi in avanti. Basti pensare all’utilizzo delle videochiamate, il rispetto quindi del diritto all’affettività, l’allargamento delle misure straordinarie come la semilibertà. Il parlamento riporterà il dibattito sul sistema penitenziario, oppure si attende la prossima emergenza?