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di Damiano Aliprandi

Il Dubbio, 22 febbraio 2023

Il sistema di accoglienza per migranti non è al collasso. Risulta che al 31 dicembre 2021 c’erano oltre 20mila posti liberi nei vari centri Italia. Eppure il sistema è in emergenza, come mai? Non per una “invasione” inesistente, ma perché è senza programmazione né trasparenza. Vero che nel 2022 sono sbarcate in Italia 105mila persone, una cifra superiore rispetto all’anno precedente, ma bisogna tenere presente che nel 2016 furono quasi il doppio del 2022. Questo e altro ancora emerge nel nuovo Report “Centri d’Italia”, realizzato da ActionAid e Openpolis.

Il report è frutto di un interessante lavoro ricavato da una piattaforma on line realizzata sempre da ActionAid e Openpolis, anticipando lo stesso ministero dell’interno e pubblicando una fotografia dettagliata di dati sul sistema di accoglienza per l’anno 2021. Un lavoro di analisi e trasparenza, Comune per Comune e centro per centro, fatto a partire dai dati forniti dallo stesso Viminale e resi disponibili in formato aperto a tutti sulla piattaforma “Centri d’Italia”. La relazione annuale al Parlamento con i dati relativi al 2021 che il Ministero è tenuto per legge a presentare a giugno di ogni anno come aggiornamento sullo stato del sistema, è già in ritardo di oltre 8 mesi.

Il report inizia con una premessa interessante. Viene sottolineato che la questione migratoria e la sua relativa strumentalizzazione politica è tornata alla ribalta la scorsa estate, dopo diversi mesi - quelli più duri della pandemia - durante i quali sembrava fosse sparita dal dibattito pubblico e dall’agenda politica, mentre continuavano sotto traccia prassi discriminatorie come quelle delle navi quarantena. In estate, invece, complice anche la campagna per le elezioni per il nuovo parlamento, i flussi migratori, gli sbarchi sulle coste e l’accoglienza nel paese sono tornati ad essere temi al centro del confronto politico. L’attenzione è persino aumentata lo scorso novembre, con le vicende legate allo sbarco di migranti a bordo delle navi umanitarie a largo delle coste italiane e nei porti della Sicilia. A differenza di una comunicazione politica forzata da esigenze elettorali e propagandistiche, la realtà, tuttavia, ci parla, di un sistema in continua e costante contrazione, innanzitutto per via del numero degli arrivi. Un’emergenza di cui tutti parlano ma che nella realtà non c’è.

Per fotografare la situazione, basta sintetizzare ciò che è emerso tramite il report. Nel 2022 sono sbarcate in Italia 105mila persone, una cifra superiore rispetto all’anno precedente. Tuttavia nel 2016 furono quasi il doppio del 2022. Nell’analisi del sistema di accoglienza spicca il dato sui posti liberi nei centri. Al 31 dicembre 2021 c’erano oltre 20mila posti liberi in Italia. Il sistema è tutt’altro che “al collasso”. Nel 2021 erano attive 8.699 strutture. Dal 2018 sono stati chiusi più di 3mila 500 centri (- 29,1%). I posti messi a disposizione nel sistema erano poco più di 97mila, di cui però il 60,9% nei centri di accoglienza straordinaria (Cas). Sono quasi 63mila i posti nei Cas e nei centri di prima accoglienza, a fronte di 34mila posti nel sistema di accoglienza e integrazione. Nonostante ciò, continua l’approccio emergenziale a un fenomeno del tutto ordinario.

Ma ci sono altri dati emersi dal report che rivelano il motivo per cui il sistema risulta in affanno nonostante non ci sia alcuna “invasione”. Nonostante un calo di 70mila posti nel sistema, tra il 2018 e il 2021 i posti nel Sistema di accoglienza sono persino diminuiti (di oltre mille unità), come anche i centri (da 700 a 678). I Cas di piccole dimensioni sono quelli ad essere stati più penalizzati, avendo perso quasi 24mila posti in tre anni. Meno di un comune su 4 in Italia (il 23,2%) è interessato dall’insediamento di un centro di accoglienza, sia esso straordinario o afferente al sistema ordinario. Eppure, com’è detto, non c’è nessuna ‘invasione’. Al 31 dicembre 2021 i richiedenti asilo e rifugiati ospitati nei centri rappresentavano lo 0,13% della popolazione italiana.

Il report di ActionAid e Openpolis, per la prima volta presenta i dati sulle ispezioni nei centri. Viene sottolineato che sono relativi solo al 2019, a causa della mancanza di trasparenza sui dati da parte del ministero dell’interno. In quell’anno le prefetture hanno effettuato controlli sul 40,5% dei Cas e Cpa in Italia. Ebbene, emerge che a fronte di territori in cui decine di centri sono stati ispezionati oltre 4 volte in un solo anno, ci sono 13 prefetture che non hanno effettuato ispezioni nel 2019. Due di queste si trovano a Trapani e Agrigento. Inoltre il sistema ordinario dovrebbe rappresentare la prassi nell’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati. Invece nel 2021 sono oltre 10mila i posti liberi nei centri Sai. Altro dato emerso è che Roma è la città metropolitana con più posti nei centri (circa 3.800), seguita dalle città metropolitane di Torino, Milano, Bologna, Napoli e Firenze. Dal 2018 al 2021, nell’area metropolitana della capitale i posti a disposizione nelle strutture del Sai sono diminuiti del 44,5%. A Roma nel 2021 aumenta la centralità delle strutture di grandi dimensioni: il 90% dei posti nei Cas è in centri con più di 50 posti. Inoltre, sempre nel territorio capitolino 8 posti su 10 sono in mano a un unico gestore, la Medihospes. E questo nonostante le ispezioni abbiano fatto emergere nel 2019 diverse irregolarità.

Ma entriamo nel dettaglio dell’accoglienza nella capitale. Quando si parla di Roma e della sua città metropolitana, ci si riferisce al territorio più popoloso del paese ma anche di quello che, in termini assoluti, accoglie più richiedenti asilo e rifugiati. Il report specifica che al 2021 nel sistema si contavano 3.796 posti (di cui 2.024 nei Cas e 1.772 nel Sai) nei 113 centri aperti nella capitale e negli altri comuni della città metropolitana. Al 31 dicembre dello stesso anno le presenze erano 3.795. Il fatto che nel 2021 a Roma risulti solo un posto libero non è necessariamente un sintomo di equilibrio nella gestione dell’accoglienza nel territorio capitolino. Infatti se si indagano i dati nel dettaglio, il report evidenzia che vi sono centri che risultano sovraffollati e altri al contrario che contano al 31 dicembre numerosi posti liberi. Nel primo caso sono esempi emblematici le strutture di Rocca di Papa (426 presenze a fronte di 300 posti) e Anzio (147 presenze per 100 posti). Il secondo caso, invece, è relativo a un centro Sai nel comune di Roma, dove si contano oltre 160 posti liberi nelle 67 strutture disponibili.

Se quindi nel bilancio generale dell’accoglienza romana - che comprende i centri straordinari e il Sai - risulta solo un posto libero, indagando più nel dettaglio i dati è evidente lo squilibrio tra accoglienza prefettizia e Sai. Nel primo caso, per esempio, il centro di Rocca di Papa è sovraffollato probabilmente perché viene trattato come una sorta di “minihub”, un luogo di passaggio per persone che attendono di essere redistribuite sul territorio, in un meccanismo che ha dimostrato in questi anni diverse lacune. Nel secondo caso vediamo una quantità accentuata di posti liberi nel sistema ordinario, che dovrebbe essere la scelta prioritaria, e invece tradisce una mancata pianificazione nonché l’assenza di una strategia sul territorio. “Dunque, non solo in termini generali in Italia non ci sono abbastanza posti nei centri Sai ma, anche quando i posti ci sono, non necessariamente vengono riempiti”, denuncia il report.