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di Elena Fausta Gadeschi

Elle, 29 febbraio 2024

Il progetto sperimentale di una struttura detentiva di Padova per aiutare i detenuti a ricostruire i legami familiari. Non una funzione punitiva, ma rieducativa. Dovrebbe essere questo l’obiettivo prioritario delle carceri, sancito anche dalla Costituzione italiana. Eppure nel nostro Paese assistiamo ogni anno, impotenti, alla morte di decine di carcerati che, non potendo più sopportare le condizioni di reclusione, scelgono di togliersi la vita. Da inizio 2024 sono stati 20 i suicidi nelle prigioni italiane, secondo i dati aggiornati a metà febbraio dall’Associazione Antigone, che monitora le condizioni di detenzione nel nostro Paese. Una media drammatica di un suicidio ogni 2 giorni e mezzo, che testimonia come spesso manchi qualsiasi forma di progettualità e speranza a chi vive in prigione, dove persino rincontrare i propri affetti può essere un diritto negato. Da quest’idea di restituire dignità e intimità ai detenuti nasce la stanza dell’amore in carcere.

Si tratta di un’iniziativa sperimentale promossa dalla struttura carceraria “Due Palazzi” di Padova, la prima in Italia dove, in collaborazione con la rivista Ristretti Orizzonti, verranno create delle apposite stanze per permettere ai carcerati di incontrare i propri affetti e rinsaldare legami sentimentali e sessuali con il/la partner. Per garantire ai detenuti la giusta privacy, verranno creati dei piccoli prefabbricati mobili in un’area verde del cortile dell’istituto di pena, dove avverranno gli incontri lontano dal controllo visivo delle guardie. Si tratta di un progetto unico nel suo genere, nato sulla spinta della sentenza numero 10 del 2024 della Corte Costituzionale, che ha stabilito l’illegittimità del divieto di colloqui intimi tra detenuti e familiari.

Oltre alla possibilità di usufruire della cosiddetta stanza dell’amore, ai detenuti potrebbe essere concesso un numero maggiore di telefonate con i propri cari. Si tratta di iniziative volte a infrangere quel muro di solitudine, disperazione e disagio psicologico in cui spesso si trovano avvolti i detenuti, che si trovano a vivere situazioni di fragilità personale, come disturbi psichiatrici, dipendenze, sensi di colpa e angosce esistenziali. A ciò si aggiunge il peso di contesti violenti, sovraffollati, dove l’assistenza sanitaria e psicologica è carente, e la prospettiva di reinserimento sociale quasi assente. Aiutarli a ricostruire i legami familiari è il primo passo per riallacciare quella rete di relazioni interrotte e prepararli alla vita che verrà.