sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Francesco “Kento” Carlo*

Specchio - La Stampa, 5 marzo 2023

“Devi cambiare”. È la frase che i ragazzi detenuti al minorile si sentono ripetere più spesso, e una delle più difficili da capire, prima ancora che da mettere in pratica. Il verbo “dovere” come un macigno di imposizione, il “cambiare” come un coltello che taglia netto, separando ciò che sei stato da ciò che, appunto, dovrai essere in futuro.

“Puoi migliorare”, è invece quello che dico io ai ragazzi. Ed è una frase che, a volte, li fa respirare. Quasi sempre li fa riflettere e li apre al dialogo. Se gli chiedi cosa vorrebbero dalla vita, la maggior parte dà una risposta così semplice che è quasi banale.

“Tra 10 anni vorrei stare insieme alla donna che amo, avere un lavoro, sposarci, magari avere dei figli”, ti dicono. Sì, è facile vedere in controluce la ricerca di una normalità che raramente, nella loro infanzia, hanno conosciuto. E il carcere, oltre a privarli della libertà, li priva anche dell’adolescenza, ed è una mancanza altrettanto grave ed incolmabile. Sono tanti anni che tengo laboratori di scrittura rap all’interno degli istituti di pena per minorenni, e mettere una penna in mano a un giovane che non l’ha mai avuta prima dà l’accesso a un universo in cui spesso le aspettative sono rovesciate o mischiate e l’oggetto del desiderio, che chiaramente è la libertà, finisce per essere la cosa più spaventosa.

Lo è soprattutto per quelli che sono entrati in carcere presto, magari a 14 o 15 anni, e ci hanno già passato un po’ di tempo, finché è diventata quella la loro normalità: la cella, la mensa, le attività, gli appuntamenti con l’avvocato o gli educatori. Una routine non bella, non amata, ma sicuramente semplice, conosciuta e forse addirittura rassicurante. È il mondo esterno che fa paura, perché è infinito, perché non sai come muoverti, perché probabilmente non c’è nessun adulto in grado di darti una guida attendibile.

E un discorso simile a volte vale anche per la sfera affettiva, il rapporto con le ragazze, il corteggiamento, l’amore. Ricordo che uno dei ragazzi che seguivo, uno di quelli che si dava più l’aria da malandrino esperto, si era perdutamente innamorato di una rapper. Ascoltava le sue canzoni, mi chiedeva di guardare sempre i suoi video e mi stressava continuamente perché la invitassi a venirci a trovare in prigione, giurandomi che con la sua parlantina e il suo fisico scolpito l’avrebbe fatta innamorare.

Dopo mesi e mesi riuscii a farla venire davvero, e ci regalò una breve ma intensissima performance. Alla fine, fedele alla promessa, chiamai l’innamorato. Ma lui, giunto a cinque passi di distanza si fermò e inchiodò lo sguardo a terra, restando lì incapace di emettere una parola, anche soltanto il proprio nome.

“Puoi migliorare” è la frase che vorrei dire anche a noi adulti, alla nostra Italia che ancora, nel 2023 chiude ragazzi (e ragazze) di 14 anni dentro una cella, anche se fortunatamente i detenuti sono un’esigua minoranza rispetto a chi accede alle misure alternative alla detenzione. Ma, se è indispensabile che la nostra responsabilità di adulti sia più forte, allora a noi stessi e alla nostra società possiamo, dobbiamo dirlo: “Devi cambiare”.

*Rapper e scrittore. Il suo ultimo lavoro è raccolto nel podcast “Illegale” (Emons Record), disponibile dal 28 aprile