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di Marco Perduca

huffingtonpost.it, 24 giugno 2023

Una posizione dove gli oneri superano gli onori è disegnata per chi da sempre fa politica militante e non per la ricerca di un posto al sole. Il governo ci pensi seriamente. Una delle prime visite che ho fatto in un carcere italiano è stata a Rebibbia all’inizio della XVI legislatura. Marco Pannella aveva suggerito che la delegazione radicale, eletta nel 2008 nelle liste del Partito democratico, incontrasse dei ragazzi rumeni accusati di aver violentato una ragazza e picchiato il suo fidanzato. Girava voce che fossero stati picchiati in caserma al momento dell’arresto e che anche in carcere erano stati minacciati.

Durante la campagna elettorale per le comunali di Roma del 2008 “rumeno” era sinonimo di violento criminale... Tra i presenti di quella visita c’era anche Rita Bernardini, da poco eletta deputata e membra della Commissione Giustizia. A seguito della conferenza stampa all’uscita tra le altre cose, si sentì dire dall’allora sindaco di Guidonia, dove erano avvenuti i fatti, che non gli risulta che “Rita Bernardini abbia fatto richiesta di incontrare la vittima di questa atroce violenza”. Sarebbe stata la prima di una lunga serie di “commenti” che, pur di non entrare nel merito della denunce di Bernardini, avrebbero scaricato su di lei accuse di privilegiare i Caino agli Abele e dubbi di imparzialità sul lavoro svolto. Anche se raramente veniva offerta la possibilità di ribattere con altrettanta copertura mediatica quei “commenti” non hanno mai attenuato l’operato di Rita Bernardini, anzi.

Nei cinque anni da parlamentari la deputata radicale ha visitato tutti gli istituti di pena italiani facendosi carico di far diventare il “Ferragosto in carcere” un vero e proprio appuntamento istituzionale e non più un’azione militante che i radicali portavano avanti da quando erano entrati in Parlamento. Il Ferragosto sarebbe poi diventato Natale, il Natale si sarebbe esteso al Capodanno per arrivare fino alla Pasqua. Insomma, nel suo “rappresentare la Nazione”, Rita Bernardini, proprio come Marco Pannella, ha esercitato le sue funzioni senza vincolo di mandato elettorale (il rapporto del Pd con le carceri o col diritto penale è uno dei tanti misteri della politica italiana) ma con una coerenza di lotta politica senza uguali.

Le visite alle persone private della libertà, che secondo alcuni studi interesserebbero il 40% dei ristretti - e non per errore giudiziario ma per l’irragionevole durata dei procedimenti penali - erano portate avanti non come affermazione identitaria ma con vero e proprio spirito di servizio tanto per i visitati (detenuti e detenenti) che per i visitanti. L’esperienza acquisita tra le mura dei penitenziari fece predisporre a Bernardini un vademecum della visita in carcere per consentire anche ai neofiti di impiegare fruttuosamente il tempo per acquisire informazioni utili al rispetto della Costituzione, dei diritti umani nonché del Regolamento penitenziario.

sarebbe interessante, oltre che molto istruttivo, collazionare le interrogazioni parlamentari di Bernardini a seguito delle sue visite, metterle a confronto con le (eventuali) risposte del ministero della Giustizia e monitorare come si sia (eventualmente) modificata la situazione contestata. Buona parte di quanto chiesto in quella legislatura sarebbe in effetti poi rientrato, senza naturalmente esser citato, nella famigerata sentenza pilota “Torreggiani” adottata dalla Corte europea sui diritti umani nel 2013, relativa a “trattamenti inumani e degradanti” subiti dalle quasi 90.000 persone ristrette nelle carceri della Repubblica italiana nel 2009.

Le elezioni del 2013 videro i Radicali (non tutti persuasi dell’opportunità dell’esercizio) impegnati a presentare una lista denominata “Amnistia Giustizia e Libertà” in linea con quella che era stata la loro priorità per la seconda parte della XVI legislatura. Anche se i provvedimenti di “clemenza” sono sempre associati alla detenzione, Pannella riteneva che, proprio per i suoi comportamenti da “delinquente abituale”, la Repubblica Italiana avesse bisogno di una grande amnistia per poter ricominciare una vita istituzionale che finalmente si basasse sull’effettivo rispetto della Costituzione e non sui vuoti proclami in piazza o sui tetti dei palazzi del potere in sua difesa.

A ottobre 2013 il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano inviò un messaggio alle Camere (una rarità) sulla situazione penitenziaria a cui seguirono modificazioni legislative cosmetiche volte più ad allentare il monitoraggio della Corte di Strasburgo che a rendere le carceri italiane a norma di legge. Del senno di poi son piene le fosse, ma risulta difficile ipotizzare quella decisione presidenziale senza quando detto e fatto da Pannella e i Radicali negli anni precedenti.

Non rieletta nel 2013, Rita Bernardini ha, se possibile, intensificato la sua opera di sindacato ispettivo nelle carceri in tutta l’Italia isole comprese; certo doveva ottenere permessi speciali dal Dipartimento per l’Amministrazione Penitenziaria, ma non per questo ha rallentato le visite.

A lei si deve l’ammissione del ministero della Giustizia di non essere in grado si conoscere il reale numero dei letti a sua disposizione - un dato fondamentale per calcolare la cosiddetta capienza regolamentare. Non è escluso che non siano state più efficaci le segnalazioni informali ad personam da “semplice” cittadina che le interrogazioni parlamentari - che pure sono continuate avendo trovato in Roberto Giachetti la massima disponibilità a presentarle e dar loro seguito. Il telefono di Bernardini è diventato una “voce bella” per chi ha problemi con la giustizia. Da innocente o colpevole.

In questi giorni Rita Bernardini è una delle candidature sul tavolo del ministro della Giustizia per far parte del collegio dei garanti per le persone private di libertà le cui componenti “sono scelte tra persone non dipendenti delle pubbliche amministrazioni, che assicurano indipendenza e competenza nelle discipline afferenti la tutela dei diritti umani, e sono nominati, previa delibera del Consiglio dei ministri, con decreto del Presidente della Repubblica, sentite le competenti commissioni parlamentari”.

Un’esperienza simile, anche se di nomina tutta politica, Bernardini l’aveva già vissuta anni fa quando il suo nome era stato avanzato come Garante per la regione Abruzzo. Malgrado a chiacchiere fossero tutti d’accordo la nomina fu sospesa per mesi e alla fine cassata. Come si legge sul sito del Garante, in Italia il percorso di creazione di questa figura è iniziato nel 1997 portando alla sua istituzione alla fine del 2013 mentre la nomina del Collegio e la costituzione dell’Ufficio sono avvenuti solo nei primi mesi del 2016. Una delle tante priorità all’italiana.

Le ultime voci di corridoio di via Arenula la darebbero con parere favorevole dal ministro Carlo Nordio, ma al centro di dubbi da parte di altre figure politico-istituzionali non meglio identificate equamente distribuite tra questi e quelli. Quando si tratta di certe tematiche e dei Radicali è difficile identificare da dove possa arrivare il fuoco amico. Però, un governo che ha addirittura infilato la parola “merito” in uno dei suoi ministeri, che si definisce “garantista” e che, ancorché quando non godeva dell’attuale favore elettoral-mediatico, non ha mai esitato a bussare alla porta di Pannella per motivi di “denegata giustizia” o diffamazione a mezzo stampa per accuse infondate, dovrebbe apertamente e convintamente assumersi la responsabilità di candidare apertamente Rita Bernardini. Se poi, come prevede il regolamento, occorrono competenza ed esperienza nel settore non credo che, a parte gli uscenti, ci siano persone a piede libero con altrettanto pedigree. Certo, è antiproibizionista, certo è anti-clericale, certo è antifascista quanto anticomunista, ma il mandato di chi deve “garantire i diritti” è quello di guardare prima in faccia la realtà e poi il potere. Il compito di quell’ufficio (come di tutti quelli pubblici a dir la verità) è adoperarsi per l’affermazione dello Stato di Diritto, dire quel che si vede e, salvo si tratti di comprovate violazioni dei diritti umani da perseguire e sanzionare, suggerire soluzioni ideali quanto pragmatiche a problemi complessi e sclerotizzati. Una posizione dove gli oneri superano gli onori è disegnata per chi da sempre fa politica militante e non per la ricerca di un posto al sole. Il governo ci pensi seriamente.