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di Francesco Semprini

La Stampa, 20 agosto 2022

Condannato per omicidio in via definitiva nel 2000, la pratica per l’estradizione in Italia è ferma da 18 mesi: “Sono innocente, confido nelle promesse di Di Maio e Cartabia”. L’avvocato: “La sua forza si sta assottigliando”.

“Nonostante le piogge gelate e i portoni sbattuti in faccia, io confido nei ministri Luigi di Maio e Marta Cartabia, nel loro impegno, nelle loro promesse. Perché un uomo o una donna senza parola non possono camminare a testa alta”. Percorrendo le tortuose vie della burocrazia penitenziaria riusciamo a metterci in contatto con Chico Forti tramite i suoi legali. Forti è attualmente impegnato in un programma per detenuti meritevoli di addestramento di “cani difficili” destinati a impieghi socialmente utili o all’adozione.

“Spesso riscopro me stesso in Chutney, il mio golden retriever. Nel suo viaggio sulle montagne russe, con alti e bassi, piroette incluse - racconta. Chutney è passato da candidato all’eutanasia, al cane più amato, re indiscusso di questa intera colonia penale. A breve Chutney mi lascerà, avendo terminato uno degli ultimi stage d’addestramento. Ironicamente la sua nuova libertà sarà confinata in un miniappartamento, probabilmente senza giardino, dove inizierà, o meglio, proseguirà, la sua carriera d’assistenza sociale”. Per Chico Forti un distacco difficile che rende ancora più amara l’infinita attesa del ritorno in Italia.

Nel febbraio 1998 inizia l’incubo senza fine di Enrico Forti, conosciuto come Chico, quando viene accusato dell’omicidio di Dale Pike a Miami. Nel giugno del 2000 il produttore televisivo e velista viene condannato all’ergastolo in via definitiva senza nessun possibile beneficio perché, secondo l’accusa, Forti sarebbe stato complice di un complotto pianificato per eliminare la vittima. Lui si è sempre dichiarato innocente e numerosi indizi a suo carico si sono rivelati nel corso degli anni infondati. Per cinque volte la famiglia e gli amici hanno cercato di far riaprire il caso nello Stato della Florida, senza successo.

Da un paio di anni sono in corso iniziative per ottenere almeno il trasferimento in un carcere italiano. Il 23 dicembre 2020 il governatore della Florida Ron De Santis, grazie all’interessamento del ministro degli Esteri Luigi D Maio e a quello della Farnesina, aveva firmato l’atto per il trasferimento di Chico Forti in Italia secondo la convenzione di Strasburgo del 1983. La pratica, per diversi impedimenti burocratici non si è ancora finalizzata e dopo un anno e otto mesi Chico Forti rimane in carcere negli Usa. Lo scorso 8 febbraio Forti ha compiuto 63 anni, più di un terzo li ha trascorsi in diversi penitenziari degli Stati Uniti.

“L’espressione “solo come un cane” è agli antipodi della realtà, essendo il cane il più socievole degli animali - dice Forti -. Un animale può sopravvivere solitario, ma non lo fa per scelta. Io e Chutney non siamo soli”. Alla madre di tutte le domande “come sei riuscito a resistere a testa alta per oltre due decadi in un inferno?”, mostra disarmante perentorietà: “La mia risposta è sempre la stessa, sopravvivo ritrovando me stesso, mantenendo i miei principi, la mia integrità, confidando nella giustizia suprema e nei milioni di italiani che mi sono vicini. Oltre alla solidarietà di una Nazione, ho ricevuto il dono delle visite, cito tra le più recenti la famiglia Bocelli, Andrea, Veronica, Matteo e Virginia, e ancora Marco Mazzoli (veterano dello “Zoo di 105”) assieme alla moglie Stefania che con i loro j’accuse a squarciagola, hanno creato con Jo Squillo la vera “pen-isola dei famosi”. Uomini e donne che spogliati della fama da Vip, senza richieste di trattamento reverenziale, stoicamente hanno sopportato ore d’attesa, fastidiose perquisizioni, e razioni militari, per riuscire ad abbracciarmi. Ambasciatori di un popolo che non mi ha mai abbandonato, politici inclusi”. Per il tenore Chico ha scritto una “poesia/canzone”: “Noi che non siamo soli”. “Noi che non siamo soli, crediamo in un mondo migliore, anche rinchiusi in una grotta, con l’entrata celata, vediamo il tramonto che non c’è. L’alba sostituisce la notte gelata”, recita la prima strofa. “Contiene liriche che mettono a nudo le mie condizioni, le mie emozioni - dice -. Andrea, con le sue cinque visite in cinque mesi, mi ha ricordato quanto io solo non lo sia mai stato”.

“Chico è una forza della natura, vive e sopravvive perché ha una grande fiducia nel governo e nella giustizia, ma ultimamente inizia ad accusare”, spiega Marco Mazzoli che Forti lo ha visto l’ultima volta ai primi di agosto e lo sente di frequente al telefono. “Chico vede che la situazione si è arenata, se lui molla il colpo, se si lascia andare è finita. Vive in una struttura detentiva di transito, condivide una camerata con 40 persone e due cani, si è legato molto ai Bocelli che si sono dimostrati persone straordinarie. Ma temo che questa sua forza si stia pian piano assottigliando, sino a diventare una patina sottile. Temo che questa vicenda abbia una connotazione politica, nei cui meccanismi Chico è rimasto incastrato”.

A dare una lettura in questo senso è Andrea Ruggieri deputato di Forza Italia che da tempo segue con passione e impegno il caso Forti. “Parliamo di un italiano condannato tra mille dubbi e che ha scontato 23 anni di carcere, non due giorni. Il governo italiano deve premere, vista l’amicizia con gli Usa, su quello americano, ed essere chiaro”. Esistono delle zone d’ombra: “La vicenda non mi sembra semplice come è stata presentata”, prosegue il forzista. Nel corso del question time dello scorso 1° giugno in cui Ruggieri ha chiesto chiarimenti a Di Maio, il titolare della Farnesina ha spiegato che “il dipartimento di Giustizia Usa ha sottolineato la serietà e la genuinità delle garanzie fornite dall’Italia (compresa la ministra Cartabia) al governatore De Santis che è chiamato a confermare l’autorizzazione del 23 dicembre 2020 e sciogliere definitivamente la riserva sul trasferimento di Chico Forti in Italia. Autorizzazione formulata dallo Stato della Florida su base incondizionata secondo quanto richiesto dal dipartimento di giustizia Usa, ora è fondamentale che i due livelli di autorità, statale e federale, possano convergere su una posizione comune nel rispetto della convenzione di Strasburgo”.

Come mai allora questa vicenda giudiziaria e umana dibattuta e straziante, che sta consumando quotidianamente un cittadino italiano, la sua famiglia e la sua comunità, uno stillicidio contaminato da ombre e dubbi, sembra sempre sul punto di aver un esito positivo che non si concretizza mai? “Da oltre 22 anni io sono il “futuro Chutney” nel monolocale - conclude Chico Forti -. Sino ad oggi sono riuscito a far fronte alle privazioni, prima fra tutte la mia libertà, grazie all’energia che voi italiani siete riusciti a infondermi con centinaia di visite e con migliaia di manifestazioni di solidarietà”. Sino ad oggi.