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di Serena Riformato

La Stampa, 18 settembre 2023

Il professore di Diritto pubblico: “Problemi di costituzionalità per i 18 mesi nei centri d’identificazione”. La norma arriverà oggi in Consiglio dei ministri: i migranti irregolari in attesa di rimpatrio potranno essere trattenuti nei centri fino a diciotto mesi, non più dodici. “Se questa dilatazione importante del tempo di attesa non è suffragata da ragioni giuridiche ben giustificabili, a me sembra una soluzione che rischia di andare anzitutto in conflitto con l’articolo 13 della Costituzione italiana: la libertà personale è inviolabile”, dice Francesco Clementi, professore di Diritto pubblico italiano e comparato all’università La Sapienza di Roma.

La premier Giorgia Meloni ha confermato l’allungamento della detenzione amministrativa nei Cpr per “i meno fragili”, mentre per donne e bambini sarà previsto un percorso diverso. Basta a rispettare la Carta?

“La Costituzione garantisce i diritti di tutti, non solo dei cittadini italiani. Il testo della legge ci dirà quali siano le ragioni giuridiche per giustificare il prolungamento fino a diciotto mesi. Ma bisogna stare attenti: l’Italia come Stato europeo non può trattare un individuo che scappa dal proprio Paese rispondendo con una violazione così potente e pesante della sua libertà personale. Ne va del rispetto di alcuni principi costituzionali”.

Quali?

“La norma entrerebbe in conflitto anzitutto con l’articolo 13 sull’inviolabilità della libertà personale e con l’articolo 2 che riconosce “i doveri inderogabili di solidarietà sociale”. Non solo. Andrebbe anche contro l’articolo 3, secondo il quale tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali di fronte alla legge. La dignità viene citata ancor prima dell’uguaglianza. È dignitoso stare diciotto mesi reclusi dopo aver vissuto quello che hanno già vissuto queste persone? Forse no. Il rischio è che non si voglia vedere la realtà. Ci si nasconde dietro un atteggiamento securitario e repressivo invece di dedicarsi davvero alle cause che vi sono dietro a questo vero e proprio esodo dall’Africa”.

La presidente del Consiglio sottolinea che sia il “massimo previsto dalle norme europee”. Quindi regolare...

“Noi sappiamo già una verità: la legislazione vigente non funziona. Le statistiche ci dicono che il rapporto fra le persone che ricevono il foglio di via e le persone che vengono effettivamente rimpatriate è molto basso. Il problema quindi non è adeguarsi alla legislazione europea o meno. Il problema è cambiare le regole e farlo dentro criteri che diano valore e senso a un altro modello di immigrazione. Come ha detto proprio qualche giorno fa il presidente della Repubblica Sergio Mattarella all’assemblea di Confindustria non bisogna “cedere alla paura e alla tentazione di cavalcare le paure”. O si affronta il problema fino in fondo per quello che è, cioè una grande sfida di accoglienza fatta di integrazione nelle regole oppure l’alternativa è una chiusura ridicola. Si pensa di poter svuotare il mare con un bicchiere?”.

Il capo dello Stato, ad agosto, ha ribadito la necessità di “ingressi regolari, sostenibili, ma in numero adeguatamente ampio” perché i movimenti globali “non vengono cancellati da muri o barriere”. Riflessione caduta nel vuoto?

“È passato poco meno di un mese, vedremo anche dai prossimi provvedimenti se questo monito rimarrà inascoltato. Le parole del Presidente Mattarella tuttavia dicono tre cose: la strategia utilizzata finora non è una strategia funzionante; il percorso non può che passare da una risposta europea al problema. E il governo italiano non si può nascondere dietro a un dito: noi abbiamo di fronte delle persone che, come tali, come indica la Costituzione, vanno trattate. Allungare il tempo di attesa, tenendoli in detenzione amministrativa, più che una soluzione ragionata mi sembra una cinica toppa per comprare tempo politico sulle vite degli altri.”.

Intanto si torna a parlare di blocco navale...

“Il blocco navale è un classico strumento che si usa in guerra, ed è previsto solo in questi casi anche dalle Nazioni Unite. Ma noi, l’Italia o l’Unione europea, siamo in guerra con l’Africa? Non mi pare. Al contrario, dovremmo attrezzare un’accoglienza che faccia dell’Europa il primo hub capace di trasformare l’immigrazione in un valore aggiunto per loro e quindi anche per noi. Perché l’Europa può farlo, sa farlo e deve farlo. Dando l’esempio”.

E se invece si trattasse di una missione con navi europee, come spera la premier?

“Qualsiasi blocco navale a me pare impensabile, a maggior ragione uno europeo. Un conto è controllare il mare, salvando vite in fuga, un conto è schierare le portaerei di fronte all’Africa. Ma s’immagina? Non siamo mica a Risiko”.