sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Selene Pascasi

Il Sole 24 Ore, 15 aprile 2024

Violenze di genere. Annullata la sentenza che non dà indicazioni sull’ente e sul programma. Il beneficio della sospensione condizionale della pena per i condannati per i reati del “Codice rosso” è subordinato alla loro partecipazione a percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e sostegno per questo tipo di reati, come previsto dall’articolo 165, comma 5, del Codice penale. È questa infatti la strada individuata dalla legge 69/2019 (Codice rosso) per evitare la recidiva.

Va quindi annullata (con rinvio a nuovo giudice per fissare le modalità di svolgimento dei corsi) la sentenza che applica la sospensione della pena senza dare indicazioni sull’ente, l’associazione o il percorso da far seguire al condannato. Lo ha deciso la Cassazione con la sentenza 9311 del 5 marzo 2024. A sollecitarla è stato il ricorso promosso dal Procuratore generale contro la decisione del Gup di sospendere la pena a un uomo, colpevole di aver molestato una cliente del negozio dove lavorava come commesso, senza subordinarla alle prescrizioni del comma 5 dell’articolo 165 del Codice penale.

Secondo la norma, nei reati di maltrattamenti, lesioni anche aggravate, violenza sessuale e atti persecutori la sospensione condizionale della pena è subordinata alla partecipazione a percorsi di recupero. Dato che il reato risultava consumato circa tre anni dopo l’entrata in vigore della legge, il Gup avrebbe dovuto subordinare la sospensione della pena alla creazione di un programma di recupero su misura; saltando questo passaggio essenziale, aveva violato la legge.

La sentenza segue la pronuncia 32577/2022, con cui la Cassazione ha disposto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata proprio perché priva della statuizione circa gli accertamenti di fatto tesi a individuare l’ente o l’associazione, oltre che la durata, dei corsi di recupero. Peraltro, con la pronuncia 30147/2023, è stata aperta la possibilità che il giudice di legittimità integri la disposizione del beneficio della pena sospesa con le prescrizioni del comma 5. Questo per effetto di una discrezionalità che non riguarda l’an (il se) ma il quo modo (il come) per cui i dettagli potrebbero essere rimessi al giudice dell’esecuzione. In altre parole, pur non avendo il giudice dell’esecuzione il compito specifico di impartire le prescrizioni richiamate, ne è stata contemplata l’eventualità nel caso, allora affrontato, di anticipata e spontanea esecuzione del programma terapeutico da parte del reo.

Tuttavia, non può superarsi - conclude ora la Cassazione - la norma che attribuisce al giudice della cognizione il compito di stabilire il percorso, individuare l’ente o l’associazione e validare il programma. Il beneficio della pena sospesa si può quindi giustificare solo dopo l’accertata disponibilità e idoneità dell’imputato a seguire un percorso.