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di Annachiara Valle

famigliacristiana.it, 26 dicembre 2022

Due giovani in fuga, testimoni di giustizia in un contesto di mafia. Due ragazzi, nell’opera prima di Franco Venturella, che scoprono, attraverso l’incontro con veri Maestri, la spiritualità, l’impegno, la speranza.

Un libro a metà tra il giallo, il romanzo, la storia, il saggio. Rocca di luce (edizione asterios), opera prima di Franco Venturella, è un testo da leggere soprattutto in questi giorni di festa. Già presidente del Movimento di impegno educativo di Azione cattolica, a lungo insegnante di latino e greco e poi provveditore agli studi di Padova e Vicenza, Venturella non ha mai dimenticato, pur vivendo in Veneto, la sua Sicilia. Ed è lì, sulle sponde dello splendido mare di Cefalù, che prende vita la storia di due giovani liceali, Manuel e Noemi. Dalle giornate a Cefalù, all’ombra del Borgo medievale incastonato nella Rocca, alla fuga per salvarsi dalle vendette mafiose i giovani attraversano tempi, luoghi e precarietà. C’è l’aspetto pedagogico, c’è quello dell’impegno sociale, ci sono le testimonianze, in questo racconto mozzafiato di cui non sveliamo la fine. I due incontrano vescovi e laici, Fratel Biagio Conte, con la sua opera a favore degli ultimi, a Palermo, Giulia, che segue Anna Maria Canopi, fondatrice dell’Abbazia benedettina dell’Isola di San Giulio sul Lago d’Orta. C’è papa Francesco con il suo magistero sui poveri e gli scartati. C’è la ricerca del senso della vita, c’è una intensa spiritualità accompagnata sempre dalla figura del Cristo Pantocratore che, scrive l’autore, “risplende nei mosaici absidali, come centro di tutto, pur nell’incessante fluire degli eventi umani”. E su ogni cosa, quasi a mettere d’accordo tutti, la Rocca, la rupe mozzafiato che domina Cefalù. Avvolta da una luce che dona grazia e speranza.

“In una società in crisi”, annota il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, commentando il testo, “tutto è rimesso in questione, vale dunque la testimonianza: umile, coerente, ferma. Viene alla mente la famosa frase di Paolo VI in una udienza dell’ormai lontano 1974: “L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri; o se ascolta i maestri, lo fa perché sono dei testimoni”. È l’esperienza di Noemi e Manuel. L’esperienza di tutti noi.