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di Paola Cioppi

Il Giorno, 17 febbraio 2024

Il progetto “Filodritto” che coinvolge una ventina di detenuti contribuisce a inserire il carcere in una rete di relazioni sul territorio. Un servizio di riparazione di capi di abbigliamento che parte dalla sartoria della Casa Circondariale Bassone di Como, e si rivolge al territorio. Si chiama “Filodritto” il progetto presentato ieri, che coinvolge una ventina di detenuti, uomini e donne, coordinato per CouLture Migrante dalla designer tessile Rachel Dobson.

Il “visible mending” una tecnica di riparazione del tessuto danneggiato, attento all’aspetto funzionale ma anche quello estetico, grazie alla formazione garantita da professionisti del settore della sartoria, è diventato un servizio a disposizione del pubblico esterno. Le richieste di riparazione vengono raccolte tramite un form presente sul sito filodritto.it: dopo aver inserito i propri dati ed eventuali specifiche del rammendo, è possibile scegliere se spedire il capo di abbigliamento, oppure portarlo in uno dei sei punti di raccolta dislocati sul territorio. La busta con il capo sarà quindi raccolta, affidata al laboratorio e lavorato, prima di restituirlo con la stessa modalità e farlo ritornare al proprietario. L’iniziativa, ideata e gestita dalla sartoria sociale CouLture Migrante, rientra nelle attività di progetto Link-ed-In 2023-2025, realizzato nel quadro della Politica di Coesione 2021-2027, Programma Regionale cofinanziato dal Fondo Sociale Europeo Plus.

“È un progetto che tesse relazioni, di cui il carcere ha bisogno - dice il direttore del Bassone, Fabrizio Rinaldi - e che contribuisce a inserire il carcere in una rete sul territorio. Il nostro auspicio è che questa iniziativa risponda a una richiesta di mercato”. A questo si aggiunge un altro aspetto importante per chi sta in carcere: il senso di utilità. “C’è un forte simbolismo legato al reato che crea uno strappo con la società - osserva Martino Villani, direttore del Csv Insubria - ma con a volontà di dare un nuovo significato, anziché nascondere”.

Gli abiti diventano così un filo che unisce il “fuori” e il “dentro”, che punto dopo punto crea nuove storie di valore, perché tutti gli strappi possono essere ricuciti, quelli della stoffa così come quelli della vita. “Abbiamo scelto di realizzare rammendi visibili - spiega Rachel Dobson -, perché permettono la libera espressione della creatività attraverso un’attività manuale, diffondendo diffonde la buona pratica del riuso”.