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di Paola Rossi

Il Sole 24 Ore, 6 marzo 2024

All’omicidio colposo stradale è pienamente applicabile l’attenuante comune dell’integrale risarcimento del danno avvenuto prima dell’avvio del processo. E, anche nel caso in cui il pagamento integrale sia effettuato dall’assicurazione, ma ne sia compiutamente dimostrata la tempestività e la riferibilità all’imputato della concreta volontà riparatoria rendendo possibile l’adempimento ante iudicium a favore delle parti offese. La Corte di cassazione con la sentenza n. 9180/2024 ha dettato un chiaro principio di diritto finalizzato a sciogliere i dubbi ancora esistenti sulla corretta interpretazione del n. 6 dell’articolo 62 del Codice penale, in particolare al fine di stabilirne l’applicabilità anche al caso in cui il reato commesso sia un omicidio.

La Corte di cassazione annulla la sentenza con cui erroneamente il giudice di merito aveva respinto seccamente la richiesta difensiva di riconoscimento dell’avvenuto risarcimento “tempestivo e integrale” quale attenuante comune del reato, perché aveva escluso che possa essere applicata quando il reato è l’omicidio. In particolare i giudici di legittimità individuano l’origine dell’errore dell’orientamento, ora bocciato, nel fatto che il n. 6 della norma penale di favore contiene di fatto due attenuanti diverse: quella del ravvedimento operoso e quella del contegno del reo diretto a risarcire le conseguenze dannose “economiche” (le uniche risarcibili) derivanti dal commesso reato. Infatti, nel caso del ravvedimento operoso questo non sarebbe possibile a fronte di un omicidio, poiché il trattamento premiale deriva da un rapporto di collaborazione tra responsabile e la vittima del reato. In tal caso si tratta di un percorso di giustizia riparativa impossibile da realizzare in quanto prevede l’esistenza della vittima ciò che non è dato nell’omicidio.

Al contrario l’altra parte della norma del n. 6 dell’articolo 62 del Codice penale che fa scattare l’attenuante non connota soggettivamente né il danneggiato cui va pagato l’integrale risarcimento del danno né l’agente di tale riparazione. Ciò che rileva è l’espressa volontà del reo di offrire pieno ristoro del danno risarcibile in chiave civilistica e derivato dal reato. Al punto che - come dice la Cassazione - è proprio e solo tale volontà, oltre la tempestività con cui si realizza l’adempimento del pagamento, a far scattare l’attenuante. Due presupposti che sono, tra l’altro pienamente accertabili, anche nel caso in cui la liquidazione del danno sia stata operata dalla compagnia assicurativa.