sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Federica Olivo

huffingtonpost.it, 20 febbraio 2024

I reati non crescono, i minorenni in galera sì. Impennata dei giovanissimi reclusi: sono il 16% in più rispetto al 2015. Il governo inverte la tendenza sul recupero dei giovani autori di reato e inizia a distruggere un sistema che funzionava. Erano molti anni che non c’erano così tanti minorenni in carcere. Era dal 2009 che non si superava quota 500 giovanissimi dietro le sbarre. Questa soglia psicologica è stata sfondata proprio nelle ultime settimane: al 31 gennaio 2024 le tabelle del ministero della Giustizia segnalano 516 ragazzi chiusi nei cosiddetti Ipm, gli istituti di pena minorile. E non sono aumentati i reati: nel 2015, annus horribilis del crimine minorile, erano stati compiuti gli stessi reati del 2022, ma i giovanissimi in carcere erano 436. Ottanta in meno di quest’anno. Il dato del 31 gennaio è ancora più impressionante se messo a confronto con quello di pochissimi anni fa: nel 2020 e nel 2021 erano solo 320 i minori in cella, forse anche a causa della pandemia. Nel 2022 erano 382. Nel 2023, a fine anno, già si registrava un aumento 425 giovanissimi nei penitenziari a loro dedicati.

Ma cosa è successo, allora? Sicuramente abbiamo avuto anni migliori - durante il Covid anche l’illegalità era in stand by - ma principalmente sono cambiate le leggi. Antigone, che oggi presenta “Prospettive minori”, report sulla detenzione minorile, attribuisce la principale colpa al decreto Caivano. Il provvedimento, si legge nel documento, ha introdotto una serie di misure che stanno avendo e continueranno ad avere effetti distruttivi sul sistema della giustizia minorile, sia in termini di aumento del ricorso alla detenzione che di qualità dei percorsi di recupero per il giovane autore di delitto”.

Quali, nello specifico? “L’estensione delle possibilità di applicazione dell’accompagnamento a seguito di flagranza e della custodia cautelare in carcere stravolge l’impianto del codice di procedura penale minorile del 1988 e sta già determinando un’impennata degli ingressi negli Ipm”. Cosa vuol dire, concretamente? Che se in passato mandare in carcere un under 18 era veramente un’ipotesi remota, perché la maggior parte dei giovani autori di reato veniva indirizzata a una comunità, adesso la tendenza si sta invertendo. E i numeri - per quanto molto più bassi di quelli che conosciamo nel carcere degli adulti - stanno aumentando sensibilmente. Basti pensare che al 15 gennaio, i minori in carcere erano 496 - dato già preoccupante - e in 15 giorni sono aumentati di 20 unità.

A essere cambiati non sono i giovani, è cambiata la strategia. Se fino a qualche anno fa - con buoni risultati - si riteneva che i minori potessero essere recuperati, che la giustizia riparativa era la strada giusta e che i penitenziari dovessero essere destinati davvero ai giovanissimi più pericolosi, il governo Meloni ha pensato di invertire la rotta. E, tra le altre cose, ha deciso che per un minore può essere disposta la custodia cautelare anche per reati di droga di lieve entità. In questi casi potranno essere arrestati anche in flagranza, quindi se colti sul fatto, con un pugno di spinelli in mano. Il decreto era stato annunciato come la panacea di tutti i mali, come una misura per fermare le baby gang, per riportare i giovani sulla buona strada. Ma se il risultato è solo riempire le celle, forse non è la strategia giusta.