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di Angelo Picariello

Avvenire, 15 marzo 2022

Claudia Mazzucato è docente di diritto penale alla facoltà di Scienze Politiche della Cattolica ed è uno dei punti di riferimenti della giustizia riparativa in Italia.

Come nasce il progetto Re-Justice?

La giustizia riparativa insistentemente raccomandata e incoraggiata dall’Onu, dal Consiglio d’Europa e dalla Ue, ma fa i conti con la scarsa conoscenza, la mancanza di consapevolezza e l’insufficiente formazione degli operatori (magistrati, avvocati, polizia giudiziaria, servizi sociali dell’amministrazione della giustizia...). Il progetto, finanziato dalla Commissione europea, ha puntato alla rimozione di tale ostacolo, grazie alla collaborazione tra Scuole di formazione della magistratura e università dei diversi Stati coinvolti.

Non è certo un momento felice per l’immagine della magistratura. Che impressione ha tratto dall’impegno?

Un’immagine bellissima. Il progetto si è svolto in modo conforme ai principi dialogici della giustizia riparativa, cioè consultando e coinvolgendo i diretti interessati, che in questo caso sono pubblici ministeri e giudici. La magistratura ha preso parte attiva alle attività di ricerca e cha rivelato il desiderio di giudici e pubblici ministeri di essere costruttori di giustizia, nel senso più nobile e alto del termine: offrire un servizio capace di corrispondere alle esigenze di vita e di futuro di accusati, persone offese, autori di reato, società.

All’idea di certezza della pena voi preferite l’idea di efficienza della giustizia. In che senso?

Alla pena, la giustizia riparativa preferisce una risposta al reato più “sensata” e costruttiva, quale appunto è il dialogo volontario tra i protagonisti di una vicenda di rilevanza penale per assumersi insieme impegni per il futuro. Efficienza intesa come ragionevolezza, utilità, in senso pieno e profondo. Le domande “giuste” sono più complesse, ma più feconde: chi ha sofferto? Chi sta soffrendo? Che necessità hanno le persone coinvolte? Cosa di può fare insieme per alleviare le conseguenze negative e impedirne la ripetizione?

Si è detto finora solo il 2% dei processi si avvale della giustizia riparativa. Ci sarà bisogno anche di più risorse o è solo un problema di cultura giuridica?

La percentuale riportata riguarda i Paesi d’Europa: in Italia il dato è inferiore e privo, per ora, di rilevanza statistica. Ma abbiamo una giustizia riparativa di ottima qualità, del tutto sottoutilizzata e non omogeneamente offerta sul territorio nazionale. Le cose cambieranno, speriamo, con l’auspicata disciplina organica della giustizia riparativa voluta dalla legge delega di riforma della giustizia penale.