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di Damiano Aliprandi

Il Dubbio, 25 febbraio 2023

Da oramai più di una settimana Ristretti Orizzonti ospita una lettera aperta indirizzata ai direttori penitenziari e ad altre figure di rilievo del sistema carcerario, incentrata sulla necessità di preservare un importante strumento di comunicazione per i detenuti: le telefonate con i propri familiari. Secondo la lettera sottoscritta da numerose associazioni come la Conferenza nazionale volontariato giustizia, l’incremento del numero di suicidi avvenuti nel corso del 2022, ben 84, rappresenta un’emergenza vera e propria, e il miglioramento delle condizioni di vita all’interno del carcere potrebbe rappresentare un modo per prevenire almeno alcuni di questi tragici episodi.

Lo psichiatra Diego De Leo, tra i massimi esperti di suicidi, sostiene che creare maggiori opportunità di comunicazione con il mondo esterno potrebbe rendere più tollerabile la vita all’interno del carcere e contribuire alla prevenzione dei suicidi. Viene anche riportata la testimonianza un detenuto che ha sperimentato di persona l’importanza delle telefonate giornaliere con la famiglia: quella di ritrovarsi. Ma descrive come la riduzione del numero di chiamate a disposizione abbia avuto come effetto quello del “riperdersi”, dopo che aveva faticosamente ritrovato un equilibrio grazie alle telefonate quotidiane.

L’Ordinamento penitenziario prevede che il trattamento del detenuto debba essere svolto agevolando opportuni contatti con il mondo esterno e i rapporti con la famiglia. Purtroppo, finita l’emergenza covid, la realtà attuale vede un ridotto numero di opportunità di comunicazione: solo 10 minuti di telefonata a settimana e 6 ore di colloquio al mese. Questo significa che, ad esempio, un genitore detenuto può dedicare al massimo tre giorni all’anno al figlio. Eppure, durante l’emergenza pandemica, l’introduzione delle videochiamate ha rappresentato un importante miglioramento, permettendo ai detenuti di chiamare a casa molto più spesso, in alcune carceri anche ogni giorno, e di rivedere le loro case e le famiglie lontane. La lettera aperta si appella ai direttori penitenziari, affinché non rinuncino a concedere più telefonate visto che hanno tale “potere” e che lo utilizzino per prevenire i suicidi attraverso questo strumento straordinario.

La lettera sottolinea anche l’importanza delle relazioni familiari nella finalità rieducativa della pena prevista dall’articolo 27 della Costituzione. Il mantenimento dei rapporti con la famiglia attraverso le telefonate potrebbe contribuire a questo obiettivo. In sintesi, la lettera aperta ai direttori penitenziari sottolinea l’importanza delle telefonate con l’esterno per il benessere psicologico dei detenuti. Conclude con un auspicio: “Lasciate le telefonate in più, in nome dell’emergenza suicidi, e anche per dare continuità a quella che la Corte Costituzionale nell’ordinanza N. 162/ 2010 definisce la “progressività che ispira il percorso rieducativo del detenuto e che è tutelata e garantita dall’art. 27 della Costituzione, attraverso la previsione della finalità rieducativa della pena”.

Ricordiamo che l’emergenza Covid del 2020, un periodo infernale, ha anche creato le condizioni che hanno accelerato i tempi per i colloqui online, garantendo e quindi il mantenimento dell’affettività. Purtroppo la normativa pone ancora dei limiti. Partiamo da un sistema che, dal 1975 fino ad oggi, ha inteso focalizzare per il detenuto l’autorizzazione a una telefonata di 10 minuti a settimana. Con l’emergenza, e grazie all’ausilio di tutti gli operatori penitenziari, sono riusciti a trovare il sistema di far telefonare tutti i giorni. Finita l’emergenza, si è ritornato alla “normalità”. Ovvero si sono fatti passi indietro. I direttori penitenziari, però, come anche ribadito dalla circolare del Dap di settembre scorso, hanno il potere di poter concedere più telefonate. Nel frattempo si spera che il Parlamento si attivi per rendere più moderno il regolamento penitenziario, soprattutto in merito alle telefonate.