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di Damiano Aliprandi

Il Dubbio, 21 dicembre 2023

Gli sono stati riconosciuti 157 giorni di sconto di pena a causa delle condizioni disumane e degradanti subite in due distinti istituti penitenziari. Il protagonista di questa storia è Alfonso Iacolare, noto come il ras dei Casalesi e cugino acquisito del boss Francesco Schiavone detto “Sandokan”. Questa decisione è stata presa dal magistrato di sorveglianza di Reggio Emilia a seguito di diversi solleciti presentati a partire dal 2017. Dopo un lungo periodo di attesa di cinque anni, l’istanza presentata dall’avvocata Pina Di Credico ha finalmente ottenuto un’accoglienza favorevole.

In particolare ha vissuto condizioni disumane e degradanti durante la sua detenzione presso la Casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere, dal 29 novembre 2011 al 3 gennaio 2012, e successivamente presso la Casa circondariale di Ancona, dal 4 gennaio 2012 al 10 giugno 2016. L’Ordinanza rappresenta un passo significativo nel riconoscimento e nella valutazione delle sue condizioni umane e delle circostanze degradanti durante la detenzione. Il magistrato di sorveglianza, basandosi sulle osservazioni dell’avvocata Di Credico, ha esaminato diversi elementi cruciali per valutare la situazione detentiva, non limitandosi alle dimensioni della cella ma considerando anche l’accesso alle attività ricreative, le condizioni igieniche e sanitarie, e la durata complessiva della detenzione.

Le condizioni del Reparto Tevere - Focalizziamoci sulla detenzione presso il carcere di Santa Maria Capua Vetere. Il periodo trascorso, dal 29 novembre 2011 al 3 gennaio 2012, è stato diviso tra il Reparto Danubio e il Reparto Tevere, evidenziando notevoli differenze nelle condizioni di detenzione. Nel Reparto Danubio, il detenuto è stato confinato in una camera di 12,18 mq dal 29 novembre 2011 al 17 dicembre 2011. Durante questo periodo, ha condiviso la camera con un compagno, usufruendo di un bagno separato di 2,96 mq, dotato di lavabo, bidet e water con acqua fredda. Il rapporto indica la possibilità di fruire della doccia calda nei locali comuni a giorni alterni, oltre alla libera disponibilità di acqua corrente calda miscelabile. La camera è stata descritta come dotata di finestra oscurata dalle sbarre, sufficiente luce artificiale e un arredamento fisso composto da due armadietti pensili e due letti singoli. Gli orari di apertura della camera per il passeggio e la socialità erano fissati rispettivamente dalle 9: 00 alle 11: 00, dalle 13: 00 alle 15: 00 e dalle 16: 15 alle 18: 00. Il riscaldamento durante la stagione fredda avveniva con termosifoni accesi per 4 ore al mattino e 4 il pomeriggio. Durante la permanenza del reclamante, sono stati organizzati corsi scolastici, di formazione e laboratori.

Nel Reparto Tevere, dal 17 dicembre 2011 al 3 gennaio 2012, la situazione cambia drasticamente. Il detenuto ha condiviso una camera di 25,37 mq con altri sei detenuti. Sottraendo l’ingombro fisso del mobilio, compresi gli armadietti e i letti a castello, la superficie netta fruibile è risultata essere di 17,59 mq, da dividere tra i sette occupanti, corrispondendo a 2,51 mq per ciascuno. Questa condizione ha causato un grave disagio non compensato dai fattori precedentemente menzionati, in particolare dal limitato tempo trascorso fuori dalla camera, inferiore a sei ore. In questo periodo, il reclamante ha vissuto 18 giorni di carcerazione particolarmente gravosa e inumana presso l’Istituto penitenziario di Santa Maria Capua Vetere.

Poche ore d’aria ad Ancona - La fase successiva della detenzione di Alfonso Iacolare, dal 4 gennaio 2012 al 10 giugno 2016, presso il carcere di Ancona, rivela ulteriori dettagli sulle condizioni di reclusione del detenuto. La relazione istruttoria fornita dallo stesso penitenziario indica che il detenuto è stato assegnato a varie camere di pernottamento, da solo o con un compagno, tutte caratterizzate da una superficie di 9,36 mq netti. Tuttavia, la detrazione dell’ingombro del letto a castello, dello scrittoio fisso a muro e delle bilancette riduce la superficie netta a 6,80 mq, da suddividere su due occupanti in alcuni periodi, risultando in 3,40 mq per ciascuno. L’Istituto di Ancona ha fornito dettagli sulle strutture presenti, inclusi bagni separati accessibili attraverso una porta, dotati di lavabo e wc, areati e illuminati sia naturalmente che artificialmente. La stanza di pernottamento è anch’essa illuminata sia naturalmente che artificialmente, con riscaldamento fornito da termosifoni posizionati nella stanza e nel bagno. A partire da giugno 2014, è stata consentita la doccia tutti i giorni feriali, regolamentata da un ordine di servizio.

Nonostante ciò emergono delle criticità significative nel periodo di detenzione ad Ancona. Durante questo periodo, al detenuto erano concesse solamente 4 ore e mezzo fuori dalla cella, dalle 9: 00 alle 11: 00 e dalle 13: 00 alle 15: 30, limitate ai periodi di passeggi o alla permanenza in una saletta per le attività sociali. Questa restrizione si è protratta per un lungo periodo, senza che l’Istituto abbia fornito indicazioni chiare riguardo a un ampliamento delle attività esterne. Va notato che, nonostante la possibilità di fruire del campo sportivo una volta a settimana, ciò coincideva con una delle fasce orarie menzionate. Il magistrato di sorveglianza ha espresso preoccupazione per l’obbligo imposto al detenuto di trascorrere circa venti ore al giorno in uno spazio poco superiore al limite di 3 mq stabilito dalla normativa convenzionale. Questa situazione, protrattasi per 1558 giorni in cui vi è stata la coabitazione di due detenuti in camera, ha creato condizioni carcerarie particolarmente penose, caratterizzate da aspetti concreti di disumanità.

La mancanza di tempi certi - Il caso di Alfonso Iacolare rivela ulteriori sfaccettature complesse nel contesto del sistema carcerario italiano. Le osservazioni dell’avvocata difensore Di Credico evidenziano aspetti cruciali relativi al protrarsi delle istanze legali e alle condizioni detentive del cliente. In primo luogo, l’avvocata sottolinea la lunga attesa del Magistrato di sorveglianza di Reggio Emilia per la decisione su un’ulteriore istanza presentata da Iacolare nel 2019, riguardante il periodo di detenzione presso la Casa Circondariale di Parma, dove è attualmente recluso.

Per quanto riguarda il riconoscimento della detenzione disumana subita nelle altre carceri, l’avvocata Di Credico sottolinea a Il Dubbio che questa attesa prolungata, di circa 5 anni dalla presa in carico della “riserva” nel maggio 2017, è considerata dalla difesa come una possibile violazione dell’articolo 5, comma 4 Cedu. Tale articolo sancisce il diritto di chi è privato della libertà di ottenere “al più presto” una decisione giudiziaria sulla legittimità della detenzione.

La difesa ha quindi fortemente sottolineato la violazione dell’articolo Cedu, non solo in relazione al tempo trascorso per la decisione ma anche alla luce dei molteplici solleciti presentati nel corso dei cinque anni. L’articolo 5, comma 4 Cedu garantisce il diritto delle persone detenute di ottenere rapidamente una decisione giudiziaria sulla legittimità della loro detenzione.

Nel caso di Iacolare, la difesa ha avanzato richieste in base all’art. 35 ter O. P. dell’ordinamento penitenziario, volto a ottenere una riduzione della pena detentiva in caso di illegittimità delle condizioni di detenzione. Tuttavia, emerge un vuoto normativo in quanto la legislazione italiana non fissa “termini” entro cui tali casi debbano essere esaminati e le decisioni devono essere pronunciate. Questa incertezza nella tempistica è evidente nel fatto che la prima istanza presentata nel 2016 è stata trattata solo all’udienza del 31 maggio 2017 ed è stata in riserva di decisione da ben 5 anni, mentre la seconda che riguarda il carcere di Parma, presentata nel 2019, è ancora in fase istruttoria.