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di Giusy Baioni e Gianni Rosini

Il Fatto Quotidiano, 18 febbraio 2023

I punti oscuri del processo congolese che sta per concludersi. È stata fissata per il 1 marzo l’ultima udienza del procedimento a carico di sei persone, di cui una latitante, considerate gli esecutori materiali del triplice omicidio in cui persero la vita l’ambasciatore italiano, il carabiniere Iacovacci e l’autista Milambo. Ma tra l’ostruzionismo di Kinshasa verso Roma, interrogatori ritrattati e documenti bollati come “falsi”, sono diversi i punti ancora da chiarire sul filone congolese del caso Attanasio

Imputati che sostengono di trovarsi in carcere nelle ore del triplice omicidio, versioni contrastanti, l’ombra delle torture sulle testimonianze degli accusati e dossier mai forniti da Kinshasa alle parti civili. C’è tutto questo, oltre alle difficoltà di reperire informazioni ufficiali e affidabili, dietro al caos che si è scatenato sul processo congolese ai sei imputati, di cui uno latitante, per l’uccisione dell’ambasciatore italiano Luca Attanasio, del carabiniere di scorta Vittorio Iacovacci e dell’autista del Programma alimentare mondiale Mustapha Milambo. Nonostante tutto questo, il 1 marzo è stata convocata l’udienza finale, dopo la quale verrà ufficializzata la ‘verità’ di Kinshasa sull’imboscata che il 22 febbraio 2021 provocò la morte dei due italiani e dell’autista congolese.

L’ombra delle torture - Sono sei le persone a processo nella Repubblica Democratica del Congo per l’attacco al convoglio del Pam in cui persero la vita Attanasio, Iacovacci e Milambo. Sei come i componenti del commando individuati anche dai magistrati di Roma che hanno chiesto il rinvio a giudizio per il vicedirettore dell’Agenzia Onu nel Paese, Rocco Leone, e il suo responsabile della sicurezza, Mansour Rwagaza. Sono però soltanto cinque quelli finiti alla sbarra a Kinshasa: uno di loro, colui che è considerato il capo della banda, Amos Mutaka Kiduhaye alias Aspirant, ha fatto perdere le proprie tracce.

Le accuse nei loro confronti, dopo gli arresti avvenuti in momenti diversi, si basano soprattutto sulle confessioni raccolte nel primo interrogatorio dagli inquirenti congolesi. Confessioni immortalate in vari video in cui si vedono gli imputati Bahati Kiboko, Balume Bakulu, Issa Seba Nyani, Amidu Sembinja Babu e Marco Prince Nshimimana ammettere le proprie responsabilità, con quest’ultimo che è stato indicato da più di un membro del commando come colui che ha premuto il grilletto del Kalashnikov che ha ucciso Attanasio e Iacovacci. Testimonianze presto sconfessate dai diretti interessati. Il motivo: “Sono state estorte con la tortura”.

Ed è proprio sull’accertamento di queste accuse che si sono concentrate le ultime udienze di un processo basato quasi esclusivamente su ammissioni poi ritrattate. Dall’esame dei filmati, secondo fonti della Farnesina sentite da Ilfattoquotidiano.it, non emergerebbero però evidenze che facciano pensare a delle violenze, anche per la “calma” con la quale gli uomini avrebbero ammesso le proprie responsabilità. Non sono d’accordo gli avvocati della difesa, secondo i quali sono evidenti invece i segni sulla faccia di uno degli imputati.

Il mistero sulla carcerazione di Kiboko - Non ci sono solo le accuse di tortura ad alimentare i dubbi sullo svolgimento del processo. Ne è un esempio il caso di Bahati Kiboko, uno dei sei imputati. L’uomo sostiene di aver passato in carcere, a Goma, le settimane precedenti al triplice omicidio e di essere stato liberato solo nella mattinata del 22 febbraio 2021, proprio mentre si stava compiendo l’assalto al convoglio del Pam nel quale viaggiavano le tre vittime. A sostegno della sua versione, che renderebbe impossibile per l’accusa collocarlo sul luogo dell’agguato, i suoi legali hanno presentato, ormai diverse settimane fa, un documento carcerario. Documento che, però, l’accusa ha ritenuto essere falso, chiedendo di poter ricevere il dossier riguardante l’imputato dalla prigione della città del Nord Kivu. Se così fosse, si tratterebbe di una strategia difensiva disastrosa, con l’imputato esposto dal proprio avvocato a una pesante smentita. Attanasio, dai documenti mai forniti all’ombra delle torture sugli imputati: i punti oscuri del processo congolese che sta per concludersi