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di Francesco Machina Grifeo

Il Sole 24 Ore, 15 aprile 2023

Lo ha ribadito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 15625 depositata oggi, accogliendo, con rinvio, il ricorso dell’imputato. Nel caso di più reati commessi da un minore, ai fini della valutazione della “continuazione”, devono essere valutate anche le particolari condizioni di vita in cui egli si è venuto a trovare, considerata la condizione di particolare vulnerabilità connaturata alla minore età. Lo ha ribadito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 15625 depositata oggi, accogliendo, con rinvio, il ricorso dell’imputato.

Il Tribunale di Udine, quale Giudice dell’esecuzione, invece aveva rigettato l’istanza ritenendo ostativa l’eterogeneità esecutiva che connotava le condotte illecite oggetto di vaglio giurisdizionale. Inoltre, i comportamenti criminosi “coinvolgevano beni giuridici eterogenei” in territori “eterogenei” e in un spazio temporale dilatato.

Per la Prima sezione penale, al contrario, il Tribunale non considerava che “una parte significativa delle condotte illecite era stata commessa tra il 2005 e il 2006, in un arco temporale oggettivamente ristretto”. Si imponeva dunque una “verifica giurisdizionale analitica” per valutare se non era possibile prefigurare “la preordinazione criminosa”.

Ma soprattutto trattandosi di infra diciottenne non erano state valutate a fondo le condizioni ambientali e sociali del ricorrente. Secondo la giurisprudenza di legittimità infatti “nelle ipotesi in cui si invoca il riconoscimento della continuazione tra reati commessi da un soggetto minorenne, incombe sul giudice di considerare, con puntuale motivazione, l’incidenza delle condizioni sociali ed ambientali in cui il minore è cresciuto sulla programmazione delle condotte illecite commesse, specialmente se connotate da notevoli contiguità temporale ed uniformità di modalità esecutive, in considerazione della particolare sensibilità del medesimo e della conseguente sua condizionabilità dal contesto circostante”.