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di Giorgio Spangher

Il Dubbio, 24 agosto 2024

Per evitare inevitabili polemiche si dovrebbe parametrare a quanto previsto per le pene sostitutive. Innestata dall’elevato e intollerabile numero dei suicidi, l’emergenza penitenziaria viene affrontata dalla prospettiva già presente nella vicenda Torreggiani del sovraffollamento. A fronte di questa situazione le risposte prospettate sono - con alcune varianti - sostanzialmente due, entrambe con l’obiettivo di ridimensionare in termini fisiologici il numero dei detenuti. Da un lato, si afferma che la pena deve esser scontata interamente (anche con la costruzione di nuove carceri), escludendosi una sua riduzione pur non lasciando fuori la possibilità di allungare gli spazi applicativi delle misure alternative esistenti, ma senza incidere sulla durata della pena (esclusa la liberazione condizionale) nonché individuando soluzioni per i soggetti anziani e fragili.

Dall’altro lato si propone di applicare delle riduzioni di pena attraverso vari strumenti premiali non escluso l’ampliamento totale o parziale dei tempi della liberazione anticipata. La filosofia emergente dal dl n. 98 convertito nella legge 112 del 2024 si ispira alla prima logica; alcune proposte di modifica alla seconda.

La consapevolezza che con la prima ipotesi il problema non è stato risolto induce a ipotizzare strumenti collaterali di ridimensionamento del citato sovraffollamento: luoghi diversificati per scontare la pena da parte dei tossicodipendenti e trasferimento all’estero di detenuti stranieri. A integrazione di questa legge il ministro della giustizia Nordio ipotizza di intervenire sulle “variabili” della custodia cautelare in carcere. Nell’occasione sarebbe opportuno togliere dalla Costituzione l’espressione “carcerazione preventiva” e inserire le finalità della custodia colmando il cosiddetto “vuoto dei fini”, definito solo dalla giurisprudenza costituzionale. Invero non è agevole trovare risposte al decongestionamento carcerario attraverso il ridimensionamento del ricorso alla carcerazione cautelare fatta salva l’individuazione di strutture diverse dove collocare i destinatari della cautela.

Una ipotesi potrebbe essere quella di elevare a sei anni l’attuale soglia prevista dall’art. 280 c. p. p. escludendo quelle specifiche situazioni che renderebbero necessaria la custodia inframuraria così da favorire un maggior ricorso agli arresti domiciliari. Si potrebbe altresì elevare a quattro anni l’attuale limite dei tre anni di cui all’art. 275 comma 2 bis secondo periodo c. p. p. con esclusione dei reati ostativi di cui all’art. 4 bis l. penit.

Si potrebbe anche prevedere la possibilità del patteggiamento nel corso dell’interrogatorio anticipato. Qualche elemento positivo potrebbe conseguire (oltre che sul piano, peraltro diverso, dei cosiddetti liberi sospesi) dall’abbattimento della premialità processuale con l’applicazione delle pene sostitutive. Va tuttavia sottolineata la necessità che non si creino incongruenze - come peraltro avviene già oggi - con il sistema delle pene sostitutive. Si potrebbe anche intervenire secondo quanto ipotizzato dall’iniziativa referendaria sulla lett. c secondo periodo dell’art. 274 c. p. p. in ordine al pericolo di reiterazione del reato considerato che la previsione da sempre è sospettata di incostituzionalità per contrasto con la presunzione di innocenza.

Si potrebbe inoltre prevedere la possibilità della libertà su cauzione. Essa era prevista nel codice del 1930, all’interno del quale era ipotizzata la fideiussione per la libertà provvisoria. Per evitare le inevitabili polemiche sulla distinzione fra ricchi e poveri, la cauzione dovrebbe essere parametrata su quanto previsto in tema di pene sostitutive e potrebbe essere accompagnata con l’applicazione degli arresti domiciliari (con o senza braccialetto) e con obblighi processuali (presentazioni e presenza).

Si è anche ipotizzato di rendere gli arresti domiciliari (con o senza braccialetto) la misura ordinaria e il carcere applicabile solo per i reati tassativamente indicati sul modello dell’art. 275 comma 3 c. p. p. Non sono stati ancora esplicitati dal ministro i contenuti della ipotizzata riforma sulla custodia cautelare, fermo restando la possibilità di recuperare i contenuti del referendum abrogativo e probabilmente l’elevazione dei presupposti di pena per l’applicazione della misura inframuraria. È difficile credere che qualche effetto possa conseguire dall’applicazione della legge n. 114 del 2024 (il cosiddetto ddl Nordio penale) ove si prevede il contraddittorio anticipato anche a prescindere dal differimento della collegialità nell’applicazione della misura carceraria.

Si ha la sensazione tuttavia che il problema emergenziale di cui in esordio trovi il proprio fondamento anche e soprattutto nella condizione di degrado delle strutture penitenziarie. Le carceri non sono adeguate a trattamenti che rispondono a quelle condizioni di dignità che devono connotare anche la condizione di soggetti condannati. In altri termini, a prescindere dai numeri, anche quando questi dovessero essere ridimensionati, il problema della condizione di vita dei detenuti richiederà un significativo adeguamento attraverso tutti quegli strumenti di vita che rendono la condizione penitenziaria dignitosa e non interrompano la quotidianità della vita pregressa. Una società legittimamente restringe la libertà di chi è stato condannato, ma non può dimenticare che questo soggetto alla fine dell’esecuzione deve essere restituito al consorzio sociale.