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di Gennaro Grimolizzi

Il Dubbio, 30 luglio 2024

L’Aiga “condanna fortemente quanto accaduto” mentre l’avvocato Antonio Gagliano (Cnf) si chiede: “Perché non rispettare almeno il sentimento paterno e materno?”. Le conversazioni tra Filippo Turetta e i suoi genitori sono finite su tutte le televisioni e su tutti i giornali, sollevando, da più parti, una serie di interrogativi. Quale esigenza di informazione è stata soddisfatta nel riportare il contenuto dei dialoghi tra il giovane accusato dell’omicidio di Giulia Cecchetin e i suoi genitori, disperati per quanto commesso dal figlio e consci del fatto che non lo rivedranno per molto tempo? Nessuna. Eppure, l’informazione spesso si deve nutrire di parole o gesti che dovrebbero essere relegati solo ad una cerchia ristrettissima di persone.

Giovanna Ollà, penalista del Foro di Rimini, nonché consigliere segretario del Consiglio nazionale forense, invita alla cautela. “Questa volta - dice - il tema è veramente di un’evidenza palmare e deve essere affrontato seriamente. Non siamo in un contesto di intercettazioni e di valutazione dell’utilità o dell’utilizzabilità delle intercettazioni da un punto di vista endoprocedimentale. Occorre fare una riflessione sul fatto che certe conversazione siano state pubblicate. Il padre di Filippo Turetta è un soggetto terzo. Abbiamo assistito ad una vera e propria entrata a gamba tesa in un rapporto familiare, personale, intimo, che doveva rimanere tale”.

Dalle aule giudiziarie al “tribunale dei social”. “Ora - aggiunge Ollà - si rimprovera al padre di Turetta di avere avuto una parola di umanità e di rassicurazione, peraltro palliativa. Ci troviamo di fronte ad un crimine efferato, ma abbiamo un altro imputato davanti ad una corte morale, il signor Turetta, accusato, forse anche addirittura di averlo generato. Noi non possiamo andare a indagare sul perché quest’uomo abbia pronunciato una parola di conforto verso il figlio. Cosa cambia nell’economia di un’indagine già fatta, completata e con una confessione? Vogliamo lapidare il padre di Filippo Turetta? Siamo seri”.

L’Aiga (Associazione italiana giovani avvocati) esprime forti perplessità sulla vicenda e “nel pieno rispetto della vittima e del dolore dei suoi cari, condanna tuttavia fortemente quanto accaduto: si tratta, infatti, di dichiarazioni prive di rilevanza processuale e la loro pubblicazione sembra avere come unico obiettivo quello di alimentare ancor di più la “morbosità” di chi è ad essa avvezzo, rischiando di esporre ad un concreto rischio la sicurezza dei genitori di Turetta, in ragione di un fomentato odio che ha fatto seguito a detta pubblicazione”. L’Associazione italiana giovani avvocati si sofferma sul sempre più labile confine tra i fatti che vengono raccontati in televisione e sulla stampa e alcune distorsioni che ne conseguono. “Pur ribadendo ancora una volta la vivida e più ferma condanna di qualsivoglia violenza nei confronti delle donne - evidenzia il presidente nazionale dell’Aiga, Carlo Foglieni - quanto accaduto va oltre il diritto di cronaca e rientra appieno in quel disdicevole fenomeno del processo mediatico e della “spettacolarizzazione del dolore”. La diffusione delle intercettazioni del colloquio in carcere tra padre e figlio è, dunque, un fatto di una gravità inaudita che merita un necessario accertamento da parte delle competenti autorità”.

L’avvocato Antonio Gagliano, componente del Consiglio nazionale forense, si pone delle domande per riflettere su quanto accaduto. “Turetta - afferma Gagliano - ha perpetrato uno dei più efferati delitti di questi anni. Non c’è dubbio, la mia condanna è ferma, univoca e non credo a mitigazioni per seminfermità o altro perché, in difetto di altri elementi, i sentimenti ossessivi di possesso verso un’altra persona non possono essere considerati patologia psichiatrica. Detto questo, però, mi chiedo: che necessità poteva esserci per intercettare e registrare il primo colloquio in carcere coi suoi genitori? Perché invadere la sfera intima di quei genitori, di un padre ed una madre, in preda alla disperazione eppure costretti a mostrarsi sereni, positivi, a dare speranze al loro figlio, feroce assassino, ma pur sempre figlio? Cosa, ai fini delle indagini poteva venir fuori da quel colloquio visto che Turetta aveva confessato di aver inferto le feroci coltellate? Perché non rispettare almeno il sentimento paterno e materno?”.