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di Eleonora Mattia*

L’Unità, 6 agosto 2023

L’abolizione del Reddito di Cittadinanza è stata definita dai difensori del sussidio ora come una insensata lotta ai poveri, ora come una battaglia ideologica da parte del Governo di destra intento ad annientare l’eredità di una misura di cui non poteva vantare la primogenitura. A pensarci bene, queste osservazioni sono solo una piccola parte della verità.

La grande verità invece è che il Governo Meloni, più che fare la guerra ai poveri, in questo modo tutela lo sfruttamento di lavoratrici e lavoratori e la cultura dello sfruttamento. Ovvero: garantisce che sia perpetrato il profitto basato sulla precarietà del lavoro. Lo dimostra la narrazione di chi afferma che per “per colpa del Reddito di Cittadinanza” non si trovano persone disposte ad essere pagate meno dei 780 euro mensili garantite dal Reddito di Cittadinanza. È proprio questo il punto: il sussidio ha colpito al cuore quel sistema produttivo primitivo basato sul ricatto.

Perché in quell’organismo malato che è il capitalismo dell’austerità è più facile colpire le fasce più deboli che avere il coraggio di fare delle riforme strutturali in grado, ad esempio, di agevolare le imprese abbassando il costo del lavoro, favorire il potere d’acquisto delle famiglie adeguando redditi e contratti al progressivo aumento del costo della vita, far pagare le tasse in maniera proporzionale ai redditi in modo da redistribuire la ricchezza in maniera equa. Per dire.

Un approccio integrato che sarebbe il minimo sindacale in questo momento storico in cui siamo reduci da una drammatica pandemia, seguita dalla guerra in Ucraina, ancora in corso alle porte dell’Unione Europea, che ha innescato una crisi energetica e l’aumento del costo delle materie prime, e, in generale, del costo della vita. In un simile quadro dovremmo potenziare a livello nazionale le tutele sociali, non diminuirle. E se il Governo Meloni non è abbastanza illuminato da capirlo, come Enti locali dobbiamo attrezzarci per prevenire l’effetto a cascata dell’abolizione del sussidio che rischia di ripercuotersi sul welfare dei Comuni, oltre che sulle famiglie direttamente interessate che non lo avranno più.

Le Regioni in tal senso possono giocare una fondamentale funzione cuscinetto, grazie a fondi Ue e del Pnrr, per arginare quella che si prospetta una vera e propria bomba sociale sui sindaci. Per questo ho depositato in Consiglio regionale una proposta di legge per introdurre un Reddito di Dignità da 500 euro mensili per un anno per chi risiede nella nostra regione e fornire così un sostegno alle fasce sociali più deboli. Il Lazio, dove peraltro l’attuale Governo regionale ha annunciato di non riuscire a rifinanziare il fondo ‘taglia-tasse’ attivo fino allo scorso anno, è la terza regione in Italia per percettori di reddito di cittadinanza e Roma è la seconda città in Italia.

Nel Lazio sono circa 15mila, di cui 12mila nella sola città di Roma, le persone che per prime perderanno il sussidio. A regime, con la definitiva abolizione del Reddito di cittadinanza e il varo del nuovo Assegno di inclusione sociale, circa il 60% dei 120mila percettori presenti in tutto il Lazio perderanno il sussidio economico. Il Reddito di Dignità prevede lo stanziamento di 30 milioni annui per il triennio 2023-2025 e, già dal primo anno di applicazione, potrà raggiungere con le risorse regionali 5mila nuclei familiari e poi fino a 20mila nuclei con l’utilizzo delle risorse del Programma Garanzia Occupabilità Lavoratori (GOL), già avviato dalla precedente Giunta Zingaretti e finanziato dal PNRR. Tra i requisiti per accedere al Reddito di Dignità, oltre alla residenza nel Lazio, l’Isee inferiore 9360 euro e la sottoscrizione di un patto di inclusione sociale tra il beneficiario e il servizio sociale di riferimento.

Una misura di buonsenso, trasversalmente condivisibile. Confido quindi nel buonsenso del Presidente Rocca - e di tutta la Giunta regionale - che, provenendo dalla Croce Rossa Italiana, che quotidianamente si confronta con la povertà e le fragilità sociali ed esistenziali, di sicuro avrà la sensibilità necessaria ad accogliere e sposare questa proposta per il bene delle famiglie più bisognose del Lazio.

*Consigliere regionale del Pd