di Filippo Fiorini
La Stampa, 12 agosto 2024
Il sindaco Lepore: “Notizia sconvolgente”. Il figlio di Biagi: “Assassino, provo rabbia”. Con 10 mesi d’anticipo, Simone Boccacini è libero. Buona condotta e sconto di pena. Questo è il motivo per cui il tribunale di Alessandria ha deciso che l’ex basista delle Nuove Brigate Rosse potesse vedere ieri, a 64 anni compiuti, la sua prima mattina fuori dal carcere.
Ha scontato 20 anni e due mesi, per aver partecipato agli omicidi di Massimo D’Antona e Marco Biagi. In particolare il figlio di quest’ultimo, Lorenzo Biagi, ha espresso il proprio disappunto per i benefici concessi all’ex terrorista. Dello stesso tono, sono state le parole di Matteo Lepore, sindaco della città, Bologna, in cui fu commesso nel 2002 il secondo e ultimo omicidio attribuito alla rifondazione della sovversione rossa. D’Antona lo avevano ammazzato a Roma tre anni prima, ritenendolo colpevole, come Biagi, di aver introdotto il precariato in Italia.
La dicitura corretta, secondo i volantini di rivendicazione è “Brigate Rosse per la Costruzione del Partito Comunista Combattente”, ma la stampa li ha chiamati più spesso “Nuove Br” o “Brigatisti di Terza Generazione”. Raccoglievano l’eredità ideale delle Brigate Rosse storiche, quando già queste erano state smantellate dalla Giustizia.
Erano meno di venti tra militanti e fiancheggiatori. Quasi tutti si erano radicalizzati nei centri sociali di sinistra a metà degli Anni Novanta, compiendo un salto di qualità verso la lotta armata, messo in pratica all’inzio con qualche rapina di autofinanziamento.
I loro capi carismatici erano Nadia Desmona Lioce (irriducibile, sta scontando l’eragastolo al 41 bis a L’Aquila), e Mario Galesi, che morì in una sparatoria su un treno fermo a Castiglion Fiorentino il 2 marzo 2003. Due agenti della Polfer gli chiesero i documenti. Era un normale controllo, ma lui e la Lioce reagirono con le pistole. Oltre a Galesi, morì anche il sovrintendente Emanuele Petri e, grazie al rinvenimento del computer della terrorista, che conteneva nomi e piani, per la banda armata fu l’inizio della fine.
I loro obiettivi erano diversi rispetto a quelli delle vecchie Br. Nel breve arco di tempo in cui restarono in attività, colpirono due esperti del diritto del lavoro, professori universitari, consulenti ministeriali, cattolici e di sinistra. Ritenevano che con le loro teorie stessero legittimando i licenziamenti indiscriminati da parte dei datori di lavoro, introducendo i contratti a tempo determinato e, citandoli, “operando per la borghesia internazionale, contro la classe operaia”.
In questo contesto, Boccacini ebbe un ruolo determinante soprattutto nell’omicidio Biagi. Il 12 marzo 2003, fu fermato dai carabinieri mentre, con un complice, rientrava in Toscana dopo aver fatto una prova generale dell’attentato che sarebbe poi stato compiuto da altri la settimana dopo.
Idraulico, dipendente del Comune di Firenze, sindacalista di base, noto fino ad allora alle forze dell’ordine per un episodio di spaccio, fu condannato all’ergastolo in assise e a 21 anni in appello. In merito alla morte di D’Antona, fu assolto dall’accusa di omicidio e condannato per associazione sovversiva: 5 anni e 8 mesi.
Della sua scarcerazione anticipata, Lorenzo Biagi ha detto: “Mi provoca tanta rabbia e indifferenza. È lo stesso che provo nei confronti di tutti gli altri assassini di mio padre”. Il sindaco Lepore ha espresso la sua “vicinanza e quella della città alla famiglia”, dicendosi “sconvolto” per la notizia e criticando gli sconti di pena a beneficio di ex terroristi.