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di Cristina D’Amicis

today.it, 12 febbraio 2024

Il ministro Nordio ha dichiarato che il sovraffollamento si risolve solo con l’espulsione degli stranieri. Poi ha annunciato la conversione di vecchie caserme dismesse. Misure che non avrebbero nulla a che vedere con la necessità di un reale cambiamento dello stato di detenzione, della cosiddetta umanizzazione dei detenuti. Secondo Nordio i suicidi in carcere sono una “malattia ineliminabile” e allora perché investire troppe forze e risorse per combattere una battaglia già persa in partenza?

“C’erano cimici ovunque, il salame che ci davano sembrava cibo per cani”. Parla la ex compagna di cella di Ilaria Salis, la maestra italiana detenuta da quasi un anno nelle carceri di Budapest per una presunta aggressione a un gruppo di neonazisti. Pesanti dubbi sul suo stato di detenzione in Ungheria erano sorti subito dopo aver visto la 39enne milanese in tribunale con catene a mani e piedi.

Ci sono più di 2.600 detenuti italiani all’estero, tra questi anche Filippo Mosca rinchiuso dietro le sbarre in Romania da circa nove mesi per traffico internazionale di sostanze stupefacenti. La madre ha dichiarato che anche suo figlio è detenuto “in condizioni disumane. Vive in una cella di circa 30 mq con altri 24 detenuti. Hanno a disposizione un buco sul pavimento come bagno che non viene mai pulito”. Ma con un certo tono provocatorio chiedo: “Siamo davvero sicuri che da noi le cose vadano meglio?”

Quelle appena raccontate sono situazioni molto lontane dalle condizioni di vita dei detenuti in Italia, anche se poi si viene a scoprire che tra carceri e Centri di permanenza per i rimpatri (Cpr) si verifica un suicidio ogni due giorni, con un tasso venti volte superiore a quello delle persone libere. Anche l’Italia dunque ha importanti problemi con gli istituti di detenzione. Il più importante è il sovraffollamento, ma la questione dei suicidi in carcere non può ridursi solo a quello.

Oggi i detenuti sono 60.000, oltre 10.000 in più dei posti realmente disponibili. “Andando avanti di questo passo, tra 12 mesi, l’Italia sarà nuovamente ai livelli di sovraffollamento che costarono la condanna della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per violazione dell’articolo 3 della Convenzione Edu”, ha dichiarato il presidente di Antigone Patrizio Gonnella.

A preoccupare però sono anche le condizioni fatiscenti delle carceri, con alcune celle addirittura senza riscaldamento e acqua calda, denuncia l’associazione per i diritti e le garanzie nel sistema penale. Poi ci sono istituti penitenziari privi di spazi per lavorazioni, di una palestra o un campo sportivo e se ci sono non sono funzionanti. Nel corso degli anni stiamo assistendo a un progressivo peggioramento delle condizioni di vita delle persone detenute e questo contrasta nettamente con la finalità della detenzione. Non la punizione per il reato commesso ma la rieducazione del condannato, così come previsto dall’art. 27 della Costituzione.

Ricapitolando: il 2024 è iniziato da poco più di un mese e già 15 detenuti si sono tolti la vita. Non va meglio nei Cpr, come racconta il recente caso di cronaca del 22enne Ousmane Sylla. Un “bollettino di guerra terrificante” secondo l’Unione delle Camere penali, che approfittando del caso Salis ha invitato il governo italiano a procedere con una riforma dell’ordinamento giudiziario. Ma il ministro Nordio fa orecchie da mercante, dichiarando che il sovraffollamento si risolve solo con l’espulsione degli stranieri. Poi annuncia la conversione di vecchie caserme dismesse. Misure che non avrebbero nulla a che vedere con la necessità di un reale cambiamento dello stato di detenzione, della cosiddetta umanizzazione dei detenuti. Secondo Nordio i suicidi in carcere sono una “malattia ineliminabile” e allora perché investire troppe forze e risorse per combattere una battaglia già persa in partenza?

Poco importa se l’Italia è decima in Europa per persone che si tolgono la vita dietro le sbarre. Bisogna scordarsi nuove costruzioni a norma di legge, meglio piuttosto fare i lavori di ristrutturazione con i detenuti, suggerisce il ministro. Poi con una certa nonchalance dichiara che l’Italia si classifica “tra i primi posti per trattamento umanitario dei detenuti”, senza chiedersi come mai tanti preferiscono morire piuttosto che rimanere in cella. Esseri umani che, come è bene ricordare, sono totalmente sotto la sua responsabilità e quella dello Stato.