di Gennaro Grimolizzi
Il Dubbio, 16 settembre 2024
“L’arringa” del dissidente russo Oleg Orlov condannato a due anni e mezzo di carcere che si è difeso in udienza leggendo un passo de “Il Processo”: “qui l’assurdità è mascherata da pseudo-legge”. Quando, il 26 febbraio scorso, il tribunale Golovinsky di Mosca ha condannato a due anni e mezzo anni di carcere Oleg Orlov, copresidente di Memorial (organizzazione impegnata nella difesa dei diritti umani e premio Nobel per la Pace nel 2022), l’indignazione degli oppositori politici, in Russia e all’estero, è stata tanta. L’accusa mossa nei confronti di Orlov, in Germania dallo scorso agosto dopo uno scambio di prigionieri tra Russia, Stati Uniti e altri Paesi, ha riguardato il “ripetuto discredito” dell’esercito russo e la critica contro l’aggressione militare in Ucraina.
In tribunale Orlov si è difeso leggendo durante le udienze il romanzo di Franz Kafka, “Il processo”. “La nostra attuale situazione - ha dichiarato il dissidente davanti ai giudici - e la situazione in cui si è trovato l’eroe di Kafka hanno caratteristiche comuni: si tratta di assurdità e arbitrarietà, mascherate sotto l’osservanza formale di alcune procedure pseudo-legali. Si viene accusati di diffamazione, senza spiegare cosa sia e in cosa si differenzi dalla critica legittima. Siamo accusati di diffondere informazioni deliberatamente false, senza la preoccupazione di dimostrare la falsità. Il governo sovietico ha agito esattamente allo stesso modo, considerando bugie qualsiasi critica”.
L’avvocata Nataliya Sekretareva, difensore di Orlov e responsabile del team legale di Memorial, a proposito della condanna del suo assistito ha parlato di una vera e propria “persecuzione politica”: “Il caso giudiziario ha dell’incredibile. Orlov è stato condannato per aver ripetutamente “screditato le forze armate russe”. Tanto per cominciare, questo “crimine” non dovrebbe esistere in un Paese democratico. Il reato contestato è stato quello di aver scritto un articolo contro la guerra, definendo fascista l’attuale regime politico russo. In altre parole, è stato perseguito solo per aver esercitato la sua libertà di parola”.
Quando ad Oleg Orlov è stato concesso di esprimere l’”ultima dichiarazione” - poslednee slovo - in udienza, prima del verdetto finale, l’esponente di Memorial ha argomentato in maniera molto arguta per convincere il giudice a non seguire la tendenza consolidatasi ormai da anni in Russia: quella di condannare sempre gli oppositori del regime putiniano, soprattutto dopo la guerra di aggressione ai danni dell’Ucraina. L’”ultima dichiarazione “, nell’ultima occasione per prendere la parola nel processo, per sostenere la propria innocenza e per rafforzare la linea difensiva, è stata trasformata da Oleg Orlov in un atto processuale “ad alto tasso di letterarietà”. Un modo per rendere ancora più forte la denuncia di norme liberticide create in un Paese che non ammette la critica e il dissenso. “Mi sono rifiutato - ha affermato Orlov nell’udienza del febbraio scorso - di prendere parte attiva all’attuale processo contro di me, il che, per fortuna, mi ha dato la possibilità di rileggere “Il processo” di Franz Kafka durante le udienze. Ci sono alcune cose in comune con la situazione in cui si è ritrovato il protagonista di Kafka: assurdità e tirannia mascherate da adesione formale ad alcune procedure pseudo-legali. Siamo accusati di screditamento, ma nessuno spiega in che modo questo sia diverso da una critica legittima. Siamo accusati di diffondere informazioni consapevolmente false, ma nessuno si preoccupa di mostrare cosa c’è di falso in esse. Quando cerchiamo di dimostrare perché le informazioni sono effettivamente accurate, questi sforzi diventano motivo di persecuzione penale. Siamo accusati di non supportare il sistema di credenze e la visione del mondo che le autorità hanno ritenuto corretti, eppure la Russia non dovrebbe avere un’ideologia di Stato. Siamo condannati per aver dubitato che l’obiettivo di attaccare uno Stato vicino sia quello di mantenere la pace e la sicurezza internazionale. Assurdo”.
Il copresidente di Memorial considera l’opera di Kafka un punto di riferimento per fare il punto sulla compressione dei diritti in Russia. “Fino alla fine del romanzo - ha aggiunto -, il protagonista di Kafka non ha idea di cosa sia accusato, eppure viene condannato e giustiziato. In Russia, siamo formalmente informati delle accuse, ma è impossibile comprenderle all’interno di qualsiasi quadro di legge. Tuttavia, a differenza del protagonista di Kafka, sappiamo il vero motivo per cui veniamo detenuti, processati, arrestati, condannati e uccisi. Veniamo puniti per aver osato criticare le autorità. Nella Russia odierna, questo è assolutamente proibito. I parlamentari, gli investigatori, i procuratori e i giudici non lo riconoscono apertamente. Lo nascondono dietro la formulazione assurda e illogica di nuove cosiddette leggi, incriminazioni e verdetti. Ma questa è la realtà. In questo momento, Alexey Gorinov, Alexandra Skochilenko, Igor Baryshnikov, Vladimir Kara- Murza (lo storico Kara-Murza è stata liberato all’inizio di agosto con Orlov, ndr) e molti altri vengono lentamente uccisi nelle colonie penali e nelle prigioni. Vengono uccisi per aver protestato contro lo spargimento di sangue in Ucraina, per aver voluto che la Russia diventasse uno Stato democratico e prospero e che non rappresentasse una minaccia per il mondo intero”. Infine un riferimento al più importante oppositore di Putin, Alexey Navalny, morto il 16 febbraio nella colonia penale “Polar Wolf”, nell’Artico russo.