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di Francesco Grignetti

La Stampa, 11 febbraio 2023

La denuncia dell’anarchico in sciopero della fame. Il suo avvocato: “Morirà”. Alfredo Cospito, a differenza del suo avvocato, non si era illuso. Pensava che gli avrebbero confermato il carcere duro e così è stato. Perciò ha accolto la notizia con aplomb britannico. “Grazie, me l’aspettavo”.

Dal suo punto di vista, la questione è semplice: la battaglia continua ad oltranza, e se finirà con la sua morte, il suo volto si trasformerà in uno spettro che inseguirà in eterno Giorgia Meloni e Carlo Nordio. Cospito se l’attendeva perché ritiene da sempre che il regime del 41bis che il precedente governo gli ha imposto, sia stata una scelta del potere - e qui da anarchico individualista non fa alcuna distinzione tra potere politico e potere giudiziario - per tappargli la voce. “Mi considerano troppo sovversivo e per questo mi hanno tumulato vivo in un sarcofago di cemento armato”, ha detto al suo avvocato Flavio Rossi Albertini, con frase melodrammatica.

A Cospito, che prima di essere un terrorista è soprattutto un ideologo, piacciono le frasi ad effetto. Quando annunciò lo sciopero della fame, il 20 ottobre scorso, ben 113 giorni fa, disse: “Il mio corpo sarà la mia arma”. L’ex senatore Luigi Manconi, che più di tutti ha preso a cuore la sua protesta, lo definisce “un topos letterario” e chi lo prende letteralmente è “un analfabeta funzionale”. Al contrario, secondo i magistrati interpellati dal ministro Carlo Nordio, che due giorni fa ha confermato il carcere duro, quella frase è inquietante e allusiva. Nonostante il digiuno, resta la pericolosità sociale. I suoi appelli “al di là dell’assenza di un suo specifico mandato per ogni singola vicenda violenta e intimidatoria - scrive Nordio - non solo non vengono ignorati ma si sono trasformati in un’onda d’urto propagatasi sul territorio nazionale e all’estero”.

Il ministro qualifica lo sciopero della fame come una forma di lotta politica. “Si è in presenza - scrive ancora - non già di una persona affetta da una patologia cronica invalidante, ma di un soggetto sano e lucido che si sta volontariamente procurando uno stato di salute precario per finalità ideologiche”. Non si tratta di un detenuto malato a cui eventualmente sospendere la pena, ma che cerca di forzare la mano ai magistrati e all’Esecutivo. Come conferma peraltro il suo avvocato: “Cospito non mollerà finché sarà al 41bis. Andrà fino in fondo in quanto soggetto politico. Sono rassegnato all’esito inevitabile”.

La Superprocura aveva ipotizzato una soluzione che avrebbe salvaguardato le esigenze di sicurezza e quelle umanitarie: il passaggio dal carcere duro all’Alta sicurezza, con obbligo di censura sulle comunicazioni. Per Manconi, “sarebbe stata una soluzione intelligente. Invece è arrivata una decisione squisitamente politica”.

E ormai è tardi. Il ministero ha inviato il 6 febbraio al comitato nazionale di bioetica un quesito relativo alle disposizioni anticipate di trattamento, “qualora arrivino da un detenuto che in modo volontario abbia deciso di porsi in una condizione di rischio per la salute e che indichi il rifiuto o la rinuncia ad interventi sanitari anche salvavita”.

Il parere del comitato potrebbe portare all’alimentazione forzosa. “Se si arrivasse a tanto - commenta l’avvocato - sarebbe contrario alle disposizioni della persona, irrispettoso delle sue volontà. E anche se andrebbe contro le ragioni dell’etica, ci opporremmo”.

Ora il difensore può fare ricorso al tribunale di sorveglianza. Ma non ci crede. “Sarà inutile. La volta scorsa ci sono voluti 8 mesi per fissare un’udienza”. L’alternativa è sperare in un annullamento con rinvio da parte della Cassazione il prossimo 24 febbraio. “A quel punto, potrebbe essere considerato un fatto nuovo che ci permetterebbe un altro ricorso al ministro”. Ma è un braccio di ferro senza vie di fuga perché il governo non intende cedere e Cospito, che ritiene il suo 41bis “una torsione del diritto”, vuole andare fino in fondo. Non sono previste alternative. Dice l’avvocato: “Forse non avete capito che è un anarchico individualista. Non farà mai appello al Presidente della Repubblica o al Santo Padre”.