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di Luigi Manconi

La Repubblica, 18 ottobre 2023

Non si deve mai dimenticare che il regime detentivo detto 41 bis NON è il carcere duro. Dunque, per la legge, non consiste in una pena più afflittiva o più pesante o più deprivante. È, piuttosto, un sistema di misure destinate solo ed esclusivamente a impedire che il detenuto possa intrattenere relazioni con l’organizzazione criminale esterna alla quale apparterrebbe. Questa e solo questa è la finalità del regime speciale. Giovedì 19 ottobre il Tribunale di Sorveglianza di Roma è chiamato a decidere se Alfredo Cospito debba continuare a subire quella condizione detentiva.

Va ricordato che, tempo fa, la Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, la Direzione distrettuale Antimafia di Torino, il Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, hanno espresso parere favorevole a che Alfredo Cospito fosse trasferito dal regime di 41 bis a uno di minore afflittività e coercitività, come quello di alta sicurezza con censura. La stessa opinione era stata argomentata con motivazioni limpide dal Procuratore presso la Corte di Cassazione, Piero Gaeta.

Successivamente era intervenuta la Corte Costituzionale, per la quale Cospito ha il diritto di beneficiare delle garanzie riconosciute a tutti gli imputati, superando il vincolo dell’automatismo rappresentato dalla qualificazione del suo reato come strage contro la personalità dello Stato con conseguente pena dell’ergastolo.

Il giudice, di conseguenza, potrà considerare come attenuante la relativa “tenuità del fatto”. Nel ricorso contro l’applicazione del regime di 41 bis, si fa notare che, per due volte, il Tribunale del riesame ha argomentato che l’attività comunicativa di Cospito verso l’esterno si configura come espressione del pensiero politico del suo autore e non come “indicazioni idonee a indirizzare soggetti presenti all’esterno” verso attività criminali. D’altra parte una sentenza della Corte d’Assise di Roma ha smentito il requisito della attualità della Fai (ovvero la persistenza della sua pericolosità), vanificando con ciò la possibile esistenza di un collegamento presente ed effettivo tra il detenuto e l’organizzazione criminale esterna.

Come si vede, sembrano venir meno oggi - è cruciale, cioè, la questione del tempo - i presupposti per continuare a sottoporre Cospito al regime di 41 bis. Chissà se il Tribunale di Sorveglianza, superata la drammatizzazione artificiale che si è fatta di questa vicenda, saprà decidere in piena serenità.