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di Eleonora Martini

Il Manifesto, 20 ottobre 2023

La richiesta avanzata insieme agli organi di polizia, davanti al Tribunale del riesame di Roma, per il detenuto anarchico. Per gli avvocati, è “ridimensionata l’enfatizzazione della sua caratura criminale”. È ora di revocare il 41 bis al detenuto anarchico Alfredo Cospito, recluso nel carcere di Sassari. A chiederlo questa volta è la stessa Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo che ieri, insieme ad alcuni organi di polizia, nel corso dell’udienza davanti al Tribunale di sorveglianza di Roma ha di fatto accolto le istanze dei difensori, gli avvocati Flavio Rossi Albertini Rossi e Margherita Pelazza, che hanno sottolineato come sia cambiata la condizione del 57enne abruzzese che per sei mesi ha portato avanti con varie modalità uno sciopero della fame contro il regime di “carcere duro” cui è costretto dal maggio 2022. Il tribunale si è riservato di prendere una decisione nei prossimi giorni.

Due, i fatti accaduti negli ultimi mesi che permettono di rivedere il profilo del detenuto Cospito, riconosciuto come uno degli ideologi del Fai-Fri (Federazione anarchica informale - Fronte rivoluzionario internazionale), e il tenore delle sue attuali relazioni con l’organizzazione di appartenenza, in nome della quale gambizzò a Genova nel 2012 l’allora amministratore delegato di Ansaldo Nucleare, Roberto Adinolfi. Il primo fatto è la sentenza con cui ad aprile scorso la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo l’automatismo di negare le attenuanti della “lieve entità”, nei reati per i quali è previsto l’ergastolo, se commessi da recidivi. Decisione che ha permesso poi, a giugno, alla Corte d’Assise d’Appello di Torino di ricalcolare in 23 anni di carcere la pena dell’ergastolo richiesta dalla procura generale per “strage” in relazione all’attentato commesso da Cospito e dalla sua compagna Anna Beniamino nel 2006 contro la Scuola allievi carabinieri di Fossano (senza vittime, malgrado i due ordigni esplosi a distanza di tempo l’uno dell’altro).

Questi due fatti, secondo la memoria depositata in Tribunale dagli avvocati Rossi Albertini e Pelazza dopo che le richieste di revoca anticipata del regime di 41 bis inviate al ministro Nordio non avevano ricevuto risposta, “ridimensionano, depotenziandola notevolmente, l’enfatizzazione della figura del Cospito, dello spessore e della caratura criminale”. Non solo: se “il presupposto del 41 bis è stato espressamente individuato nella necessità di interrompere l’attività comunicativa dello stesso, al fine di sanzionare l’istigazione ravvisata nel suo contenuto”, scrivono i difensori dell’anarchico, va tenuto conto che “per due volte il Tribunale del Riesame ha escluso che le esternazioni del Cospito siano idonee ad istigare o che le stesse rappresentino indicazioni idonee ad indirizzare i soggetti presenti all’esterno a determinarsi a specifiche condotte criminose, ritenendo al contrario che le medesime si sostanzino nella manifestazione del pensiero politico del suo autore”.

Da ricordare che, come sempre più spesso accade, il regime penitenziario di 41 bis è diventato un vero e proprio “carcere duro”, contrario ai principi costituzionali, con eccessi che esulano dall’intento di recidere i legami del detenuto con le organizzazioni criminali, mafiose o terroriste di appartenenza. A Cospito venne negato anche il diritto di tenere in cella le fotografie dei familiari e alcune cartoline illustrate che gli erano state inviate in carcere. A settembre il Tribunale di Torino decise di restituirgliele.