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di Damiano Aliprandi

Il Dubbio, 2 dicembre 2023

La proposta della Simspe per affrontare le criticità. La situazione critica della salute nelle carceri italiane è sotto i riflettori, con droga, violenza e suicidi che mettono a dura prova il sistema penitenziario. Il 2022 è stato un anno record per i suicidi, con 84 casi registrati secondo i dati della Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria (Simspe). A metà novembre 2023, il numero è già salito a 62.

Il presidente della Simspe, Antonio Maria Pagano, sottolinea un aumento preoccupante della tossicodipendenza tra i detenuti, con oltre il 60% di essi che fa uso di stupefacenti, rispetto al 50% precedente al periodo Covid. Pagano evidenzia la mancanza di dati scientifici precisi, enfatizzando la necessità di un sistema di raccolta e analisi dei dati intersettoriali per affrontare in modo efficace la tossicodipendenza in carcere. Questa dipendenza, afferma Pagano, genera un effetto disinibente che contribuisce all’aumento della violenza, con conseguenze per i detenuti, il personale sanitario e la polizia penitenziaria.

I dati della Simpse evidenziano che, nonostante le percentuali significative di detenuti che assumono sedativi, ipnotici o stabilizzanti dell’umore, il numero di diagnosi psichiatriche gravi rimane limitato. La fragilità mentale è ulteriormente complicata dalla tossicodipendenza diffusa nelle carceri, rendendo urgente un intervento mirato.

La Simspe propone un nuovo modello organizzativo per affrontare le criticità, presentato durante il Congresso nazionale a Napoli. Tra le proposte, spiccano le Unità Operative aziendali di Sanità Penitenziaria, con autonomia organizzativa e gestionale, multifunzionali e multiprofessionali. La Simspe accoglie positivamente l’ipotesi di una cabina di regia interministeriale con tecnici del ministero della Salute e del Dap. Nonostante le sfide, alcuni progressi sono stati raggiunti nella gestione delle malattie infettive nelle carceri.

Progetti come Rose - Rete donne Simspe hanno affrontato con successo le infezioni da Hiv ed epatite C nelle donne detenute. Tuttavia, il direttore scientifico Simspe, Sergio Babudieri, sottolinea l’aumento delle infezioni da Hiv tra la popolazione migrante una volta giunta in Italia, evidenziando la necessità di ottimizzare il periodo di detenzione per garantire screening e trattamenti efficaci.

La crisi nella salute delle carceri italiane richiede azioni concrete e tempestive. La creazione di Unità Operative aziendali di Sanità Penitenziaria e l’istituzione di una cabina di regia interministeriale potrebbero rappresentare passi significativi. Ricordiamo che la sanità penitenziaria, almeno sulla carta, è collocata nel quadro dei principi fondamentali e costituzionali della tutela della salute, delle finalità generali dell’ordinamento penitenziario e delle misure privative e limitative della libertà. L’uguaglianza nel diritto alla salute fra detenuti e liberi non significa solo uguaglianza nell’offerta di servizi sanitari: una buona rete di servizi sanitari è semmai uno strumento, necessario ma non sufficiente, per raggiungere l’uguaglianza dei livelli di salute. Si tratta dunque di offrire ai detenuti pari opportunità nell’accesso al bene salute tenendo conto delle differenze (in questo caso, deficit) di partenza nei livelli di salute, nonché delle particolari condizioni di vita in regime di privazione della libertà, che di per sé rappresentano un ostacolo al conseguimento degli obiettivi di salute.

Il Dpcm del 01/04/2008, promulgato in legge in data 14 giugno 2008, ha sancito il passaggio di gestione ed erogazione dei servizi di medicina penitenziaria dal ministero della Giustizia al Servizio Sanitario Nazionale. Va ricordato che la mancanza di libertà è un grave vulnus al patrimonio- salute, nelle componenti sociali e psicologiche.

Il portato più invasivo dell’istituzionalizzazione è la perdita della dimensione privata dell’individuo e della sua capacità di controllo sull’ambiente di vita quotidiana, che si traduce in perdita di identità e percezione di insicurezza. In questa logica, gli interventi a tutela della salute sono strettamente complementari con gli interventi mirati al recupero sociale del reo, attraverso azioni e programmi condotti con il concorso di tutte le istituzioni interessate, sono coordinati agli interventi diretti a sostenere gli interessi umani, culturali e professionali dei detenuti e a promuovere un processo di modificazione delle condizioni e degli atteggiamenti personali, nonché delle relazioni familiari e sociali che fungono da ostacolo ad una costruttiva partecipazione sociale secondo un principio di equità e non discriminazione.