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di Liana Milella

La Repubblica, 25 marzo 2022

“Con l’arrivo del nuovo codice i processi saranno più rapidi”. Intervista al giurista Fausto Pocar, presidente della commissione istituita dalla Guardasigilli Cartabia, che per 17 anni ha guidato la corte per i reati commessi nell’ex Jugoslavia. Oltre sessanta i reati che entreranno nel codice. Iniziativa nata prima dell’attacco della Russia contro l’Ucraina.

Fausto Pocar non ha dubbi quando dice che “con il futuro codice sui crimini di guerra incriminazioni e processi potranno essere più facili e rapidi”. La Guardasigilli Marta Cartabia lo ha scelto, assieme a Francesco Palazzo, per presiedere la commissione che scriverà il nuovo codice che dovrà essere pronto per la fine di maggio. “Conterrà oltre sessanta reati” dice Pocar, che all’Aja ha presieduto per 17 anni il Tribunale per i crimini commessi nella ex Jugoslavia e che in questa intervista a Repubblica - come premette subito - non potrà parlare né di un’eventuale incriminazione di Putin, né di quanto sta avvenendo in Ucraina perché ha il ruolo di giudice della Corte internazionale di giustizia in una causa promossa dalla stessa Ucraina contro la Russia che riguarda fatti avvenuti in Crimea e nel Donbass.

A ben 24 anni dagli impegni assunti dall’Italia nella Conferenza dell’Onu del 17 luglio 1998 arriva il nuovo codice sui crimini internazionali. Ci voleva la guerra di Putin contro l’Ucraina per decidersi a farlo?

“No, perché in realtà l’iniziativa di nominare la commissione risale all’ottobre scorso. Poi se n’è riparlato in gennaio quando la decisione è stata presa, quindi prima che scoppiasse la guerra in Ucraina che, dunque, non ha rappresentato un’accelerazione. Il codice avrebbe dovuto essere scritto da tempo e finalmente è venuto il momento di farlo. Io privatamente, con una ricerca finanziata dalla Fondazione Cariplo, avevo già preparato un codice dei crimini internazionali, rimasto però finora nel cassetto. Ma ora lo tireremo di nuovo fuori”.

Ci spieghi. Questo codice servirà solo per l’Italia o avrà una valenza internazionale?

“Il codice è destinato all’Italia, perché attua lo Statuto di Roma che chiedeva di introdurre nelle nostre leggi nazionali i crimini già previsti nello Statuto stesso”.

E quali saranno i crimini principali?

“Nel codice figurerà tutto il complesso dei crimini di guerra e dei crimini contro l’umanità, e ovviamente anche il genocidio. Nel trasformare in una legge italiana le previsioni dello Statuto possiamo fare degli adattamenti che rispettino l’impostazione dello Statuto stesso, ma con l’obiettivo di precisare meglio certi crimini.”

Che rapporto ci potrà essere tra questo nuovo codice e la sua applicazione per crimini commessi all’estero?

“Questo dipenderà dalle norme di giurisdizione, cioè dalla competenza che attribuiremo ai giudici italiani rispetto ai crimini commessi all’estero”.

Quanti potranno essere i crimini previsti dal futuro codice?

“Direi che potrebbero essere oltre sessanta”.

Fino a oggi come ha fatto l’Italia, senza un codice ad hoc, a punire comunque questi crimini e che vantaggi porterà invece il codice nuovo?

“In parte i crimini di guerra già esistono nel codice penale militare. Ma solo in parte, perché lì non ci sono tutti quelli previsti dallo Statuto di Roma. Per i crimini contro l’umanità invece c’è da lavorare di più. Perché il diritto internazionale descrive diversamente una serie di crimini che si possono forse ritrovare nel nostro codice penale, ma con una formulazione diversa rispetto alla legge internazionale. Quindi il nostro codice penale può non essere sufficiente per coprire interamente le fattispecie previste dal diritto internazionale, riuscendo a coprirle solo in parte”.

Mi può fare un esempio?

“Il crimine di tortura. Come sappiamo l’Italia ha introdotto il reato di tortura solo recentemente nel diritto interno, sottoponendolo ad alcune condizioni. In particolare quello della reiterazione del crimine ai fini della sua punibilità. Ebbene, il diritto internazionale invece non prevede la reiterazione. Quindi, per i crimini di guerra, adesso bisogna adattare il nostro diritto alla dimensione internazionale”.

Lei è stato presidente del Tribunale dell’Aja per i crimini della ex Jugoslavia. Dunque la sua è anche un’esperienza sul campo, non solo da professore. In questo momento, quali sono i crimini principali su cui lavorerete di più?

“È una domanda prematura perché non ci siamo ancora riuniti. Quando ero all’Aja i crimini più frequenti che abbiamo trattato erano, oltre agli omicidi, gli stupri e le persecuzioni. In Ruanda, dove sono stato giudice di Appello, ovviamente il crimine più contestato era il genocidio”.

La sua esperienza all’Aja è stata lunghissima. Non ha l’impressione che alla fine la giustizia internazionale sia troppo lenta?

“L’ho sempre avuta e ho cercato di accelerare i processi, ma non è stato sempre possibile. Purtroppo le indagini sono lunghe e i dibattimenti possono essere accelerati, ma non è semplice farlo”.

Se ci fosse stato il codice sui crimini di guerra sarebbe stata più facile l’incriminazione di Erich Priebke che nel 1997 fu condannato a 15 anni per omicidio aggravato e continuato commesso contro 335 persone?

“Sì, certo, il processo e l’incriminazione avrebbero potuto essere più facili”.

Quindi, già di per sé, l’esistenza di un codice semplificherà le imputazioni e i processi?

“Ovviamente, ma questo potrà accadere solo per i crimini commessi dopo l’adozione del codice stesso”.