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di Guido Camera

Il Sole 24 Ore, 25 settembre 2023

Nuovo strumento per la definizione anticipata del procedimento. Possibile per reati puniti al massimo con cinque anni di reclusione o con la multa. Debutta una modalità di definizione anticipata del procedimento minorile che si propone di agevolare il reinserimento e la rieducazione dell’autore di condotte criminose, premiando con l’estinzione del reato il ravvedimento operoso. A contenerla è il nuovo articolo 27-bis del Dpr 448/1988, rubricato “Percorso di rieducazione del minore”, introdotto dal decreto legge 123/2023, approvato dal Governo dopo le violenze di Caivano, Palermo e Napoli.

Il Dl è in vigore da116 settembre ed è ora assegnato alle commissioni del Senato per la conversione in legge. Le novità La norma prevede che il pubblico ministero - peri reati puniti con la reclusione non superiore nel massimo a cinque anni, o con pena pecuniaria, sola o congiunta alla pena detentiva - notifichi al minore e all’esercente la responsabilità genitoriale un’istanza di definizione anticipata del procedimento, subordinata alla condizione che il minore acceda a un percorso di reinserimento e rieducazione civica e sociale in base a un programma che preveda, sentiti i servizi minorili, lo svolgimento di lavori socialmente utili o la collaborazione gratuita con enti non profit o altre attività a beneficio della comunità di appartenenza.

L’adesione alla definizione anticipata deve ottenere il consenso di chi ha la responsabilità genitoriale; e le prescrizioni devono essere compatibili con la legislazione sul lavoro minorile. Il percorso rieducativo può durare da uno a sei mesi. Il deposito del programma rieducativo deve avvenire entro 30 giorni dal la notifica dell’istanza del Pm. Entro dieci giorni da quando lo riceve, il Pm trasmette il programma al giudice, che fissa un’udienza in cui delibera l’ammissione del minore al percorso e ne stabilisce la durata.

Il procedimento viene sospeso per un periodo fino a sei mesi, entro i quali deve essere realizzato il programma e fissata l’udienza di verifica. Se il percorso si svolge positivamente è pronunciata sentenza di non luogo a procedere che dichiara l’estinzione del reato; il giudice non ha l’obbligo di sentire le parti, ma lo può fare se ne ravvisa la necessità. Se invece la valutazione si conclude con esito negativo il procedimento riprende il suo corso, ma il minore non può più beneficiare della sospensione del processo con messa alla prova, cioè la “storica” misura premiale del processo minorile (articoli 28 e 29 del Dpr 488/1988).

La preclusione colpisce anche chi rifiuta di accedere al percorso proposto dal Pm, oppure lo interrompa ingiustificatamente. L’applicazione Il nuovo istituto presenta somiglianze con la messa alla prova minorile, ma anche importanti differenze. La prima riguarda il catalogo dei reati; la messa alla prova può riguardarli tutti, mentre la definizione anticipata solo quelli entro il tetto di pena stabilito.

Poi, la messa alla prova è decisa dal giudice nel processo, quando le indagini sono finite ed è completo il materiale probatorio su cui possono esprimersi al meglio le scelte difensive. La nuova misura è invece destinata a operare prima e assegna al Pm un ruolo predominante. La nuova disposizione non prevede l’obbligo per l’accusa dimettere a disposizione della difesa gli atti di indagine con la notifica della proposta di definizione anticipata.

Tuttavia, appare impensabile che ciò non avvenga, perché la difesa ne subirebbe un’evidente lesione. Da una parte non avrebbe gli elementi per valutare l’effettiva esistenza di responsabilità; dall’altra, se decidesse di non aderire al percorso proposto, sarebbe soffocata dall’impossibilità di beneficiare della messa alla prova. Le stesse considerazioni valgono per il giudice, che deve poter esprimere il suo giudizio, anche personologico, su un materiale probatorio completo, come ha spiegato la Consulta (sentenza 139/2020).

C’è inoltre da capire se la previsione che impedisce la messa prova nel caso di rifiuto del programma non rischi di essere discriminatoria, ricadendo sul minore senza sue responsabilità (se l’esercente la responsabilità genitoriale non dà l’assenso). Manca, infine, la disciplina transitoria; non essendo norma sostanziale di favore, la nuova misura appare applicabile solo ai procedimenti iscritti dopo il 16 settembre, data di entrata in vigore del decreto.