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Il Dubbio, 22 luglio 2023

Per i giudici la tutela delle vittime è compensata dalla costituzione del Fondo previsto dal decreto del governo Draghi. “Non sono fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 43, comma 3, del decreto legge numero 36 del 2022 sollevate, in riferimento agli articoli. 2, 3, 24 e 111 della Costituzione, dal Tribunale di Roma in una procedura per esecuzione forzata su beni della Germania per il risarcimento dei danni per crimini di guerra e contro l’umanità, commessi durante la Seconda guerra mondiale”.

È quanto ha stabilito la Corte Costituzionale in relazione al decreto risalente al governo Draghi e pensato per evitare che la Repubblica Federale di Germania subisse la perdita di un assetto immobiliare nell’ambito di un pignoramento fissato dal tribunale di Roma in un caso di risarcimento di vittime del Terzo Reich. Il provvedimento impone allo Stato italiano di ritenere indenne la Germania dalle pretese delle vittime italiane degli eccidi nazisti e di pagare tutti i risarcimenti al posto dello Stato tedesco attraverso un fondo appositamente costituito dal decreto ed istituito per decreto attuativo (pubblicato a inizio luglio in Gazzetta ufficiale) dal ministero dell’Economia e delle finanze del governo Meloni, di concerto con il ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale e di quello della Giustizia “con una dotazione di euro 20.000.000 per l’anno 2023 e di euro 13.655.467 per ciascuno degli anni dal 2024 al 2026”. La quarta Sezione civile del Tribunale di Roma aveva paventato una possibile violazione degli articoli 2, 3, 24 e 111 della Costituzione, dando così nuovamente la parola alla Corte Costituzionale.

Il caso - Gli eredi di alcuni deportati in campi di concentramento avevano ottenuto la condanna al risarcimento dei danni provocati dal Terzo Reich per il trattamento disumano durante il periodo di internamento e avevano pignorato beni immobili della Repubblica Federale della Germania. Al fine di ristorare i danni per crimini di guerra commessi nel periodo dal primo settembre 1939 all’8 maggio 1945, il censurato articolo 43 ha istituito un Fondo speciale in continuità con il precedente Accordo di Bonn del 1961 tra Italia e Germania, che già aveva riconosciuto indennizzi in favore di cittadini italiani colpiti da misure di persecuzione nazionalsocialiste.

Tale norma ha stabilito che può accedere al Fondo e domandare il previsto ristoro chi ha ottenuto, o ottiene, una sentenza passata in giudicato, avente ad oggetto l’accertamento e la liquidazione dei danni, a seguito di azione giudiziaria avviata alla data di entrata in vigore del decreto legge numero 36 del 2022 o comunque promossa entro il termine di decadenza da ultimo prorogato fino al 28 giugno 2023. Il Fondo è operativo secondo le modalità regolate da un recente decreto interministeriale, così come previsto dallo stesso decreto legge.

La medesima norma (articolo 43) ha poi previsto che i giudizi di esecuzione già intrapresi e pendenti sono dichiarati estinti e non possono essere iniziate o proseguite procedure esecutive. Con la sentenza numero 159 depositata oggi (redattore il giudice Giovanni Amoroso) la Corte ha affermato che nelle procedure esecutive opera l’immunità (cosiddetta ristretta) degli Stati, come già riconosciuto in favore della Germania dalla Corte internazionale di giustizia dell’Aia, e ha ritenuto che l’estinzione di diritto delle procedure pendenti è compensata dalla tutela introdotta con l’istituzione del Fondo “ristori”, di importo pari alle somme liquidate con sentenze passate in giudicato. Ha affermato la Corte che la disposizione censurata realizza un non irragionevole equilibrio tra la tutela giurisdizionale di chi abbia ottenuto una sentenza passata in giudicato e l’obbligo del rispetto dell’Accordo di Bonn del 1961 sugli indennizzi spettanti alle vittime dei crimini di guerra.