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di Beppe Severgnini

Corriere della Sera, 4 giugno 2023

C’è un limite oltre il quale non si può andare (per pudore, per decenza, per uno scampolo residuo di umanità). Se così non fosse, vedremmo, leggeremmo e ascolteremmo di peggio, credetemi. Propongo un esame di coscienza, iniziando da me stesso. La vicenda di Giulia, incinta al settimo mese, uccisa dal fidanzato a Senago. Quanto leggiamo per informarci, per capire, per evitare che queste cose accadano ancora? E quando scatta la morbosità?

La copertura dei peggiori delitti italiani, da anni, è estenuante: Cogne, Erba, Garlasco, Perugia, Avetrana, la tragedia di Yara Gambirasio. Sia chiaro: i media hanno il diritto di raccontare, spiegare e commentare. Ma c’è modo e modo. Il modo in cui la nostra Giusi Fasano segue, da anni, queste vicende, è raro: c’è sempre compassione, in ciò che scrive, e nessun compiacimento. Lo stesso spirito muoveva Dino Buzzati, che ha trasformato la cronaca nera in una forma d’arte. Non è stato l’unico. Da Sofocle a Dostoevskij, da Truman Capote a Emmanuel Carrère: il crimine orrendo ha prodotto grande letteratura. Esatto: letteratura, un tentativo di scandagliare il pozzo nero nell’animo umano. Non cronaca morbosa, non gusto di indulgere in particolari macabri.

Se la risposta di qualche collega fosse “Questo vuole il pubblico, questo dobbiamo dare!”, risponderei: non è vero. Anche nei media più cinici, quelli per cui conta soltanto il risultato (ascolti, clic, lettori), esiste una consapevolezza: c’è un limite oltre il quale non si può andare (per pudore, per decenza, per uno scampolo residuo di umanità). Se così non fosse, vedremmo, leggeremmo e ascolteremmo di peggio, credetemi.

E chi guarda, chi legge, chi ascolta? Be’, deve fare i conti con la sua sensibilità e la sua coscienza. Certi articoli non li leggo, certe interviste non le ascolto, certa televisione non la guardo e la sconsiglio. Una decina d’anni fa, la sorella della vittima - una ragazza uccisa dal fidanzato, incapace di accettare la fine della relazione - mi chiese consiglio: devo partecipare a un programma tv che parla della vicenda? Risposta immediata e facile: no, alla larga!

P.S. So che quanto ho scritto mi guadagnerà un “Ok, boomer” dai lettori più giovani, e commenti infastiditi dai meno giovani. Ma credo sia giusto provare a ragionare ed esprimere un giudizio, anche sfavorevole. Chi vi assolve sempre vuole imbrogliarvi, non l’avete capito?