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di Giovanni M. Jacobazzi

Il Dubbio, 18 marzo 2024

La delibera votata all’unanimità dal plenum: se c’è buona condotta la toga può “cancellare” la macchia dal proprio curriculum. I magistrati che hanno avuto una condanna disciplinare potranno essere “riabilitati” per buone condotta e così concorrere ad incarichi direttivi e nomine che sarebbero state altrimenti precluse. La delibera è stata votata all’unanimità questa settimana in Plenum. Fautori della proposta sono stati i togati di Magistratura indipendente, il gruppo moderato all’interno dell’Associazione nazionale magistrati. Relatori della “riabilitazione disciplinare”, la togata Bernadette Nicotra, presidente della Quarta commissione, competente sulle valutazioni di professionalità, e la laica Claudia Eccher (Lega). La nuova normativa procedimentalizza le forme e i modi per ottenere la riabilitazione, fino ad oggi non prevista per i magistrati. La sua assenza, hanno ricordato i proponenti della disposizione, “ha inciso non poco sulla vita professionale e sulla progressione di carriera dei magistrati condannati con una sanzione lieve (ammonimento o censura), nonostante il passare del tempo, unitamente al successivo percorso professionale virtuoso, giustificassero l’esigenza di introdurre, anche nel nostro sistema giuridico, una prudente forma di riabilitazione.

Da sempre, abbiamo ritenuto che fosse necessario contemperare l’esigenza di assicurare, anche nell’interesse dell’utenza, la rigorosa osservanza dei doveri professionali e connaturati allo status di magistrato, ed, al tempo stesso, la necessità di evitare posizioni inutilmente severe tali da essere un pregiudizio senza fine nella vita professionale del magistrato”, hanno poi aggiunto. È una circolare “attesa da tempo”, ha fatto sapere il togato di Mi Edoardo Cilenti, uno storico risultato che non è tanto un “premio” alla “buona condotta” ma un “principio di civiltà giuridica”. “Una condanna disciplinare non può essere una macchia indelebile nella vita professionale del magistrato”, ha ricordato Cilenti. A questo punto non resta che sperare che anche coloro i quali hanno avuto una vicenda giudiziaria possano un domani rientrare a pieno titolo nella società.

Le cronache, purtroppo, sono piene di storie di chi, solo per il fatto di essere stato sfiorato da un’indagine penale, fatica a ripartire. Sul Dubbio di qualche mese fa è stata raccontata la storia di un imprenditore siciliano, Andrea Bulgarella, a cui venne chiuso il conto corrente dalla mattina alla sera per essere stato semplicemente indagato in una indagine per mafia.

E nonostante l’archiviazione già nella fase delle indagini preliminari, tutte le banche si rifiutarono poi di riaprirgli un conto. Speriamo allora che questo nuovo corso del Csm possa essere di buon auspicio anche per coloro che non vestono la toga ma che sono, loro malgrado, colpiti dai provvedimenti delle toghe.