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di Barbara Morra

La Stampa, 14 ottobre 2023

La denuncia di un ex detenuto: “Poco spazio anche per il passeggio nell’ora d’aria, restavamo quasi sempre chiusi”. “Delle celle di isolamento la numero 1 è quella cosiddetta liscia con solo una branda e a volte non c’è neanche il materasso: io stesso ho dormito in mutande sulla rete”. Parole di Alessandro, ex detenuto del carcere Cerialdo intervistato il 6 aprile di quest’anno da Riccardo Arena per “Radio Carcere”, una trasmissione di Radio Radicale. Le sue affermazioni descrivono con dovizia di particolari un punto di vista sul “Cerialdo” di Cuneo. “Sono arrivato lì da Aosta dove si stava meglio” dice.

Un operatore del carcere che non vuole essere nominato fa notare che: “Del carcere si parla soltanto quando ci sono questioni scottanti, ma qui si lavora 365 giorni l’anno e i problemi sono tanti”. L’indagine della Procura di Cuneo che ha portato alla denuncia di 23 agenti di polizia penitenziaria per torture, lesioni e abuso di potere può essere un’occasione per prendere atto di che cosa nella casa circondariale non funziona.

Alessandro, a Cuneo, ci è stato dal 2020 alla fine del 2022, un ritorno visto che la casa circondariale lo aveva già ospitato dal 2009 al 2018. Ciò che ha raccontato a “Radio Radicale” parte dalla dimensione delle celle, proprio quelle del padiglione “Gesso” dove sarebbero avvenuti i reati degli agenti: “Ospitano quattro persone in nove metri quadrati e andrebbero bene per uno o due detenuti”. Contattato da La Stampa l’ex detenuto aggiunge dettagli: “Lo spazio è ridotto anche per il passeggio della cosiddetta ora d’aria, eravamo in 65 per piano, stretti come sardine, in un luogo non adeguato. Il risultato è che restavamo quasi sempre chiusi in cella pur essendo detenuti comuni che possono avere accesso alle attività lavorative e alla formazione. Così chiusi tutto il giorno in cella fa andare fuori di testa. Nei bagni non c’è una finestra e le ventole sono perlopiù rotte, non c’è il bidet e gli sciacquoni dei gabinetti all’80% sono rotti, per tirare l’acqua si riempie un contenitore dal lavandino e per lavare le parti intime ci si munisce di una caraffa di plastica”. Anche la possibilità di lavarsi sarebbe “a singhiozzo”: “L’acqua calda c’è mezz’ora al mattino, al pomeriggio e alla sera ed è soltanto tiepida, d’inverno quando ci si lava fa freddissimo”.

Anche nel suo racconto emerge quello che ipotizza nel capo d’accusa per i 23 agenti la Procura di Cuneo: “Sono stato in isolamento e avrei dovuto essere visitato tutti i giorni ma non è stato così, stavo male e non potevo dirlo a nessuno”. Sull’accesso al lavoro: “Non c’è lavoro utile alla rieducazione. C’è un corso di muratura per operaio e uno di alberghiero ma è accessibile solo a chi la rieducativa ritiene opportuno mandare”.

I detenuti a Cuneo, secondo dati di giugno, sono 315 di cui 46 in regime di “41 bis”. Gli agenti sono sotto organico. Essendo casa circondariale c’è poco accompagnamento al reinserimento perché in genere i fine pena sono brevi oppure si tratta di persone in attesa di giudizio. Le statistiche però dicono che, senza accompagnamento al lavoro e formazione, la recidiva è del 70% mentre, usando questi strumenti scende al 18, e in alcuni casi si azzera.

In carcere non opera soltanto l’Amministrazione penitenziaria che ha il compito istituzionale di occuparsi della sicurezza, gli enti che interagiscono sono Regione, Comune, anche tramite i servizi sociali, Asl e ministero dell’Istruzione. Ci sono poi svariate associazioni di volontariato a Cuneo come Sesta Opera o Ariaperta. I servizi sociali con la figura degli educatori hanno un ruolo importante per seguire il percorso di reinserimento del detenuto.

“Il problema di Cuneo è che si tratta di un carcere di massima sicurezza, non trattamentale - interviene sul punto Bruno Mellano, Garante regionale per i detenuti - si dà la precedenza all’aspetto della sicurezza anche perché, come casa circondariale, ospita più detenuti con fine pena brevi o in attesa di giudizio”. Qualcosa però starebbe cambiando. “Negli ultimi anni riconosco ai direttori di aver fatto accordi con scuole e Comuni come la collaborazione e formazione con la Scuola Edile”. I numeri che dà il Garante, tuttavia, sono bassi: “In Italia ci sono circa 60 mila detenuti, che lavorano sono 22 mila ma è un conteggio che comprende anche il lavaggio dei corridoi delle carceri, i lavoratori veri sono circa 2000”.

“I miei colloqui avvengono con i detenuti residenziali e non con chi è di passaggio - dice Alberto Valmaggia, Garante dei detenuti per il Comune di Cuneo- forse per questo non ho mai sentito nulla di quanto è emerso dalle indagini. I detenuti a lunga permanenza mi segnalano perlopiù che la sanità che non dà risposte nei tempi che vorrebbero, che non avvengono i trasferimenti richiesti e che non vengono soddisfatte le richieste di lavoro esterno”.