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di Barbara Morra

La Stampa, 20 ottobre 2023

Nell’inchiesta per torture, lesioni e abuso di potere in cui sono indagati 23 agenti della polizia penitenziaria in servizio a Cuneo si attende che il giudice per le indagini preliminari fissi la data dell’incidente probatorio. Quest’ultimo è un istituto previsto dal codice che permette di fissare una prova senza dover attendere il dibattimento. È utile quando c’è ragione di temere che la prova, in qualche modo possa, nel tempo, venir meno. La richiesta avanzata dal pubblico ministero Mario Pesucci riguarda l’audizione come testimoni delle persone offese che si ipotizza siano state percosse, minacciate e insultate da alcuni dei poliziotti in servizio al carcere Cerialdo. Si tratta di sette persone, cinque di origini pakistane e due nordafricani, trasferite per precauzione in altri penitenziari. Trattandosi di cittadini stranieri il timore degli inquirenti è che una parte di questi, una volta usciti dal carcere possa decidere di tornare nel proprio Paese d’origine e far perdere le tracce. La speranza di chi fa e coordina le indagini è che l’incidente probatorio venga fissato entro novembre.

Le accuse riguardano fatti che sarebbero avvenuti da ottobre 2021 sino alla scorsa estate, in particolare nella notte tra il 20 e 21 giugno nella cella 417 del padiglione “Gesso” dove c’erano quattro pakistani, che sarebbero stati picchiati, e poi in una stanza vicino all’infermeria. I quattro sarebbero successivamente stati messi in isolamento senza una ragione formale, evitando la visita medica. Le indagini sono state condotte dal Nucleo investigativo centrale della polizia penitenziaria, che opera all’interno del dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria. Le perquisizioni di inizio ottobre hanno portato al sequestro dei telefoni cellulari degli indagati, che ora vengono analizzati degli inquirenti.

Nei giorni scorsi cinque avvocati che sono tra i difensori dei 23 agenti hanno scritto una lettera a La Stampa ricordando che si tratta soltanto di ipotesi investigative e che i loro assistiti negano ogni addebito. I legali sono critici nei confronti della diffusione della notizia con nomi degli indagati. “Ci chiediamo quale sia l’utilità, sotto il profilo del reale esercizio di cronaca, della pubblicazione dei nomi, che nulla aggiunge e nulla toglie alla comprensione dei fatti oggetto della notizia, già pubblicata nei giorni precedenti con dovizia di particolari - scrivono Alessandro Ferrero, Paolo Dotta, Susanna Battaglia, Luisa Rosso e Leonardo Roberi-. Ciò risulta inutile e fuori luogo anche e soprattutto a fronte delle espressioni di cautela sulla fondatezza dei fatti pronunciate da parte dello stesso procuratore della Repubblica di Cuneo e della circostanza, non secondaria, che gli indagati non sono stati attinti da alcun provvedimento cautelare, né giudiziale né amministrativo, a differenza di quanto avvenuto per casi analoghi verificatisi in altri penitenziari”.