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di Luigi Manconi

La Repubblica, 25 gennaio 2024

Secondo il più recente rapporto di Antigone, fino al 31 dicembre del 2023 erano 380 i detenuti nei cosiddetti Ipm, gli Istituti penali per minorenni. La gran parte dei reclusi sono maschi e circa nella metà dei casi sono italiani. Negli Ipm sono ristretti i minori e i giovani adulti tra i 18 e i 25 anni che abbiano commesso reato prima del compimento della maggiore età. Emilia Innocenti, la protagonista del nuovo romanzo di Silvia Avallone, “Cuore nero” (Rizzoli, 2024), ha trent’anni e si porta dietro una lunga storia di detenzione. Ha espiato quindici anni di carcere per un reato assai grave e, ora, è tornata libera: ma come si ricomincia a vivere dopo 5.264 giorni di assenza dal mondo reale? E dopo che la foto dell’arresto è stata diffusa da tutti i media?

È forse più facile cedere alla tentazione di restare nell’anonimato e nell’oscurità del Minorile, nonostante “la sveglia alle sette, le colazioni da distribuire, le chiavi di ottone che girano nelle toppe e fanno quel casino”. Anche il più gravoso disagio può diventare una rassicurante consuetudine. Alla quale, pure, non tutti si possono abbandonare: “Le italiane non ci vanno mai, in galera. Le italiane minorenni: impossibile. A meno che. Come Giada e Myriam, non avessero problemi di tossicodipendenza e fuggissero di continuo dalle comunità di recupero. Oppure. Come nel caso di Emilia e Marta non l’avessero combinata enorme. Così enorme che non c’era comunità, messa alla prova, lavoro socialmente utile che tenesse”.

Eppure anche quando sembra non esistere un rimedio all’irrimediabile e una via per riemergere dall’abisso si può riscoprire quello che comunemente intendiamo per “bene”, insieme al “male” che pure resta, ma che tende a ridursi, rimpicciolire, sfumare. In altre parole, pur nel fondo della desolazione, non è escluso che una opportunità di scampo si palesi; e che si manifestino i tratti di una possibile, ancorché assai faticosa, nuova identità.

Ciò richiede, evidentemente, l’intervento di istituzioni e politiche adeguate, di strumenti razionali e di strategie intelligenti, e non solo di misure alternative e operatori sociali. Serve che si faccia tutto il possibile e l’impossibile prima che si varchi la soglia di un luogo nero. Come il cuore disegnato da Emilia. Un cuore vero, con il ventricolo destro e quello sinistro, le arterie e i muscoli, ma con al centro un grande buco scuro. Nero. Il libro di Silvia Avallone merita una lettura più attenta e partecipe di quanto queste poche righe possano suggerire, anche per la sua qualità letteraria: una fusione particolarmente felice tra stile narrativo e analisi sociale.