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di Eriberto Rosso*

Il Riformista, 26 marzo 2024

Il confronto tra tre giudici è una garanzia per l’imputato di fronte a una privazione della libertà personale e non risulta in contraddizione con il fatto che il rinvio a giudizio sia adottato da un gip monocratico. Già approvato al Senato, toccherà ora alla Camera dare il via libera definitivo al “pacchetto giustizia” voluto dal Governo, in particolare dal Ministro Nordio. Oltre alla abrogazione dell’abuso di ufficio si interviene sulla disciplina della custodia cautelare, introducendo l’interrogatorio preventivo e - a fronte della richiesta della misura del carcere - la competenza collegiale. Dei temi processuali si è già occupato PQM nello scorso numero, soppesandone prospettive e limiti. Eppure c’è ancora spazio per qualche incursione.

Sul piano generale, la previsione del contraddittorio anche nella fase cautelare è conforme ai principi del sistema accusatorio; la competenza collegiale (che troverà pratica attuazione solo dopo due anni dalla promulgazione della legge, solo per la ipotesi della misura in carcere e solo per i reati di minore allarme sociale) esprime l’intendimento di rafforzare l’autonomia del controllo di giurisdizione - notoriamente passaggio critico - del giudice per le indagini preliminari sulle posizioni delle Procure richiedenti.

Affidare a tre giudici, e dunque al confronto della camera di consiglio, la decisione sulla libertà personale, è cosa buona perché garanzia dell’autonomia e della maggior ponderazione del giudizio. Inquietanti alcune delle critiche mosse dalla Magistratura associata, per la quale la riforma metterebbe in difficoltà i piccoli tribunali, che sarebbero travolti dalle incompatibilità: come dire, la scelta è giusta ma non c’è personale. La prima obiezione è che la richiesta della misura di extrema ratio dovrebbe essere residuale e presentarsi in un numero limitato di casi; la seconda è che una garanzia è una garanzia: mandare la gente in galera non è proprio l’erogazione di un servizio che in tempi di magra può essere ridotto nel numero degli addetti. Suggestivo è un altro profilo della critica, e cioè se per una decisione provvisoria come la cautela si prevede un giudice collegiale è contraddittorio che poi sia affidata al monocratico la decisione di responsabilità. Giusto. Potremo intanto prevedere che, per tutti i reati per i quali è consentita la cattura, anche la cognizione sia collegiale.

Ciò che invece deve essere ben chiaro è che davanti a quel giudice collegiale non si formerà alcuna prova ma si svilupperà un contraddittorio attenuato, che consentirà alla persona sottoposta all’indagine di rappresentare le sue ragioni, peraltro dinanzi al solo componente del collegio delegato, e di misurarsi con il materiale raccolto dal Pubblico Ministero e posto a fondamento della richiesta della più grave misura detentiva. La nuova garanzia determina che la decisione sia frutto del confronto tra i tre giudici. Nulla a che vedere con la realizzazione del contraddittorio nel momento della formazione della prova, che necessariamente si svolgerà solo davanti al giudice del dibattimento. Precisazioni queste forse scontate ma necessarie poiché già si sentono i tamburi giustizialisti, per i quali ogni garanzia è un lusso, che iniziano a dire della conseguente inutilità - o quantomeno della ridondanza - dei rimedi cautelari; se un giudice collegiale ha appena accolto la richiesta del carcere da parte del Pubblico Ministero, che senso ha un giudizio di riesame? Ed invece la valutazione collegiale non potrà mai travolgere il diritto dell’imputato a richiedere la rivalutazione di quel provvedimento, non solo perché ciò è garantito dalle convenzioni internazionali ma perché rappresenta l’essenza dell’habeas corpus: un secondo giudice è chiamato, su richiesta dell’arrestato, a valutare la giustizia e la regolarità di quel provvedimento, addirittura oltre quanto dedotto dalla difesa. È una garanzia per l’imputato ma è anche una garanzia per il sistema che, a fronte della privazione della libertà personale consente nell’immediatezza un nuovo controllo. Pensare di superare questo, a fronte della previsione della collegialità, sarebbe tradire una scelta di civiltà più antica del nostro codice.

*Avvocato penalista