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di Giusi Fasano e Carlo Macrì

Corriere della Sera, 14 febbraio 2024

Dietro gli 81 morti 4 ore di “buco” nelle comunicazioni radio tra Finanza e Guardia Costiera. Dalle 23.37 alle 3.48 nessuno scambio di notizie tra Finanza e Guardia costiera. Sotto accusa l’”inazione” dei soccorritori. Già alle 21 il pattugliatore V5006 aveva dovuto arrendersi per le onde. Sono le 3.40 del mattino, 26 febbraio 2023. Al Reparto operativo aeronavale di Vibo Valentia della Guardia di finanza hanno appena saputo che sia il Barbarisi sia il V5006, due pattugliatori veloci dei loro usciti in mare per una operazione di polizia antimmigrazione, hanno invertito la rotta per “avverse condizioni meteomarine”, cioè mare forza 4 (in peggioramento) e vento forza 5. Il Barbarisi dichiara la resa alle 3.25, il V5006 alle 3.40, entrambi tornano verso il porto di Crotone. Così l’operatore di sala della Finanza di Vibo chiama la Capitaneria di porto di Reggio per avvisare. La chiamata è delle 3.48.

Finanza: “Giusto per notizia. I nostri due mezzi non riescono a navigare per mare troppo grosso, stanno facendo rientro. Voi avete assetti in mare se ci dovessero essere situazioni critiche?”.

Capitaneria: “Al momento noi in mare non abbiamo nulla e non mandiamo nessuno. Siamo fermi alle informazioni delle 23.37. Non abbiamo ricevuto richieste di soccorso, c’è solo l’avvistamento dell’elicottero Eagle1, non c’è certezza che su quella barca ci siano migranti, e nell’ultima posizione nota l’imbarcazione navigava regolarmente”.

Finanza: “Sì è vero, l’ultima posizione certa è quella dell’avvistamento. Vabbè, era solo per informarvi”.

Il server della Capitaneria registra la conversazione mentre in quello della Guardia di finanza “non viene ritrovata alcuna traccia audio”, dirà poi la procura di Crotone guidata da Giuseppe Capoccia. Il motivo è semplice: gli strumenti di registrazione sono fuori uso dal 2020.

Il “silenzio” - Eccola, la pagina più importante delle accuse sulla strage di Cutro. A poche settimane dalla chiusura dell’inchiesta (prevista attorno a metà di marzo) si tirano le somme di un anno di indagini e i riflettori si accendono su un “buco” di quattro ore nelle comunicazioni fra la Finanza e la Costiera. Dalle 23.37 alle 3.48. Quattro ore in cui - ci rivelano fonti qualificate - a fare la differenza sono state le cose non dette e le non-azioni. A tutto questo si aggiunge la rotta sbagliata del barcone calcolata da Eagle1, l’elicottero dell’Agenzia europea Frontex che lo ha intercettato circa 40 miglia al largo delle coste calabresi. Si aggiungono i pescatori che dalla spiaggia di Steccato di Cutro segnalano con le luci la loro presenza temendo che la barca avrebbe strappato le loro lenze. Si aggiungono segnali radar instabili e, soprattutto, si aggiungono gli scafisti che scambiano i pescatori per la polizia e tentano una virata impossibile che li fa schiantare contro una secca. La tempesta perfetta. Fra le 4.15 e le 4.30 la barca si sbriciola: 94 morti (35 dei quali bambini o ragazzini) 81 sopravvissuti e un numero imprecisato (si dice una decina) di dispersi.

Gli indagati - L’inchiesta che sta per chiudersi ha coinvolto finora sei indagati: tre ufficiali della Guardia di finanza (due di loro del Reparto aeronavale di Vibo Valentia e uno coinvolto perché dispose l’impiego del pattugliatore Barbarisi) più altrettanti uomini della Guardia costiera (uno in servizio al Centro Icc di Pratica di Mare e due alla Capitaneria di porto di Reggio Calabria). Un numero che alla fine potrebbe ridursi perché per alcuni le responsabilità sarebbero ritenute minori. Il fascicolo è nelle mani del sostituto procuratore Pasquale Festa ma sui fatti di quella notte dovrebbe essere aperto (non c’è conferma ufficiale) anche un fascicolo alla procura militare di Napoli.

La Gdf e il non detto - Più delle azioni, l’inchiesta di Crotone punterebbe alle “non azioni”. Ma quali? Partiamo dalla Finanza. Alle 23.37 Finanza e Costiera parlano della segnalazione del barcone arrivata da Eagle1. La quale dice: “Velocità 6 nodi, una persona sul ponte superiore, possibili altre sottocoperta”, data la “significativa risposta termica dai boccaporti aperti a prua. Buona galleggiabilità, nessuna persona in acqua”.

La Capitaneria offre mezzi: “Posso avvisare i nostri a Roccella e Crotone in caso vi servisse”. Ma dall’altra parte rispondono che “è una operazione di polizia, la gestiamo noi. Eventualmente vi contattiamo noi se abbiamo necessità”. Solo che i finanzieri non dicono alla Costiera che il pattugliatore V5006 (con il quale intendono intervenire) già alle 21 aveva dovuto arrendersi per “avverse condizioni meteomarine” mentre era in mare per “una crociera programmata antimmigrazione”. Inoltre sanno bene che sia il V5006 sia il Barbarisi possono affrontare mare fino a forza 4, e il meteo della notte è pessimo. Ma poi: anche se anche i pattugliatori intercettassero il “target”, come avvicinarsi con quel mare grosso? Quindi perché non dichiarare un evento di soccorso e coinvolgere la Costiera con le sue “inaffondabili” programmate per quel tipo di operazioni?

La Guardia Costiera e il non fatto - Ma c’è anche “l’inazione della Guardia costiera” per dirla con gli inquirenti. E pur volendo riconoscere che alle 23.37 è stata “indotta in errore” dalla Finanza che sembrava avere tutto sotto controllo, “comunque era tenuta a monitorare le operazioni e intervenire”, tanto più che aveva contezza del mare grosso di quella notte. Insomma: ha sbagliato a disinteressarsi di tutto per quattro ore.

“In questa storia hanno sbagliato tutti in egual misura” è sicuro Francesco Verri, avvocato di un gruppo di familiari delle vittime. “Abbiamo rintracciato decine di interventi prima di Cutro in cui Costiera e Finanza sono intervenute assieme. Qualcuno ci spiegherà perché qui non è successo”. Il suo collega, Pasquale Carolei, difende uno dei finanzieri inquisiti: “Preferisco non commentare ma sapremo come difenderci, mi creda, nelle sedi opportune”.